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Pubblicato il 12/05/2020

SULLA LIBERAZIONE DI SILVIA ROMANO: IL PARERE DI CORRADO CORRADI

di Corrado Corradi*

*: già ufficiale superiore del Nono Reggimento già funzionario degli OO.II.SS.Vive attualmente in Marocco.


Circa la liberazione di Silvia Romano

il fatto che la Silvia Romano, appena liberata dalla sua prigionia in mogadiscio nelle mani del gruppo jihadista somalo Al Shabab, si sia convertita o meno non mi interessa più di tanto… sono sostanzialmente fatti suoi :
• o un più che giustificato cedimento psicologico;
• oppure una conversione di oppotunità destinata ad essere dimenticata col suono delle campane;
• oppure una conversione sentita tipo «illuminazione sulla strada di Damasco»;
Ma se in prigionia, dai jeans é passata al jilbab verde indossato dalle donne di quella specifica formazione jihadista somala, l’Al Shabab, e poi, liberata, ha preteso di tenerselo sull’aereo che la riportava in Patria (una Patria le cui tradizioni spirituali non sono islamiche) per poi sfoggiarlo mentre scendeva la scaletta e si dirigeva verso i suoi che l’aspettavano, fa insorgere dubbi sulla spontaneità di tale passerella mediatica e, peggio me sento, preoccupanti sospetti che rimandano a qualche cosa di più della sindrome di Stoccolma e siccome la spesa per la sua liberazione penso sia costata svariati milioni di euro sarebbe bene essere certi che quel sequestro, da rapimento non si sia poi trasformato in una lucrosa «fuitina» d’amore.

Ho espresso queste perplessità sotto condizionamento andreottiano per cui a pensar male si fa peccato ma spesso ci s’azzecca per cui non vado oltre e confido nel lavoro della magistratura italiana la quale in merito ai sequestri di persona sa il fatto suo.


Quello che mi sento di evidenziare é che «l’Italia che funziona», in questo caso rappresentata dai nostri Servizi, funziona davvero e anche stavolta ce l’ha fatta.

Sia chiaro pero’ che ce la fatta non perché la diarchia Giuseppi-Giggino abbia fatto chissaché come i due con la loro presenza han voluto dar da intendere dopo aver chiosato circa la necessità di mantenere l’unità d’intenti durante la crisi (quasi a dire: vedete, se anche l’opposizione si unisse a noi riusciamo a risolvere qualsiasi problema)… no… il Servizio ce l’ha fatta proprio perché la questione é cosi’ complicata e richiede una riservatezza cosi’ stringente per cui il governo, fortunatamente, si guarda bene dal metterci, in maniera operativa, il becco.
Pero’, come Toto’ e Peppino in quel di Milano nel film «la malafemmina», la faccia hanno voluto mettercela lo stesso dimostrando in quella penosa e controproducente passerella davanti al popolo italiano, la loro pochezza.


Una delle caratteristiche deontologiche degli uomini del Servizio é la riservatezza e, lo so per certo, a loro: nun je ne po’ fregà de meno della gloria televisiva, ma si sappia che il merito é tutto e solo degli uomini di quella Istituzione che adesso si chiama A.I.S.E. e prima ancora S.I.S.Mi. spesso vituperata per questioni di bassa ideologia e che solo dopo il sacrificio di un funzionario come Nicola Calipari caduto a Baghdad il 04 marzo 2005 per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, ha cominciato ad essere riabilitata.
L’invereconda passerella in burka verde della Romano (quasi a voler manifestare la gioia della sua nuova vita di convertita) e l’altrettanto invereconda presenza di un Primo Ministro e un Ministro degli Esteri (in cerca di una inopportuna pubblicità televisiva), non devono far dimenticare che nelle mani dei jihadisti africani del jama’at Nousra al Islam wa al Mouslim (una branca di Al Qaida nel continente nero) ci sono ancora due italiani:
• Padre Pier Luigi Maccalli, della Società per le Missioni Africane (sequestrato il 18 settembre 2018 in tra il Niger e il il Burkina Faso);
• Nicola Chiacchio, sequestrato mentre percorreva, da giramondo, la strada per Timboctou in bicicletta.
Staremo a vedere.

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