OPINIONI

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Pubblicato il 22/07/2010

TRIANGOLO ROSSO: A REGGIO EMILIA COMMEMORATI ASSASSINII DI CITTADINI SENZA PROCESSO

di Paolo Comastri*

REGGIO EMILIA- 22 luglio 2010 – Come ogni anno si è svolta ieri a Scandiano nella frazione di Ca de Caroli la commemorazione delle 9 vittime della Fornace “Marchino”, vittime prelevate a Scandiano ed Arceto il 01 gennaio del 1945 dai partigiani e mai più ritrovate. Le nove persone prelevate ed uccise ad opera di partigiani sono: COLLI RICCARDO, GANASSI NELLO, SECCHI BICE, ROSSI ALFONSO, MONTANARI ADRIANO, MATTIOLI GUGLIELMO, LASAGNI PIERO di anni 16, SPADONI MATILDE, PRATI RIZIERO. A questi va aggiunto FILIPPINI VASCO. Purtroppo tutti questi corpi non furono mai ritrovati e si hanno davvero buone ragioni per credere che vennero gettati nella fornace di “Marchino” di Cà de Caroli.

Particolarmente toccante il ricordo e la narrazione della scomparsa del giovanissimo Nanni Lasagni. Queste sono solo alcune tra le innumerevoli atrocità consumate nella provincia di Reggio Emilia dalle bande di sedicenti “liberatori rossi” durante quella guerra civile che ha insanguinato le terre reggiane. Una delle più gravi è rappresentata appunto dal sequestro e successivo assassinio di Pietro Lasagni detto Nanni; un ragazzino scandianese di sedici anni scomparso da casa il 1° gennaio 1945. Su questo episodio Giorgio Morelli svolse una inchiesta sconvolgente che pubblicò nel 1946 sul giornale “La nuova penna”. L’articolo di Morelli mise in evidenza la ridda di sospetti, di supposizioni, ma soprattutto responsabilità e connivenze che emersero in merito al prelevamento ed alla successiva sparizione del giovinetto. Una situazione divenuta imbarazzante anche per gli stessi vertici del PCI locale tanto che il CLN di Scandiano promosse un inchiesta interna dalla quale scaturì una relazione datata 1 giugno 1945. Si legge in questa relazione :

“Scandiano, 11-06-1945 numero di protocollo 32 relazione. il CLN locale venne nella determinazione di far trasportare il giovane Lasagni Nanni perché sospetta spia avendo troppi frequenti contatti con elementi noti per attività fascista e per trattenerlo in montagna per ragioni di sicurezza. Fu arrestato da una squadra SAP del comando locale e trasportato in montagna.”

La realtà fu molto diversa, tragicamente diversa ed ebbe inizio nella tarda mattinata del 1° gennaio 1945 quando due partigiani si presentarono in via ex littorio a Scandiano a casa Lasagni. I due affermarono di voler accompagnare il giovane, in quei frangenti assente da casa, al comando per un normale interrogatorio.

I genitori riconoscono uno dei partigiani che li tranquillizza affermando che non c’è assolutamente nulla da temere trattandosi di un normalissimo controllo. Fissano e concordano un appuntamento con il padre perchè appena giunto a casa il giovane Pietro questi lo accompagni all’interrogatorio. Cosa che puntualmente avviene. Giunto a casa Pietro con il padre si incammina verso il comando partigiano di zona; arrivati nei pressi del cimitero degli ebrei incontrano altri tre partigiani, una donna e due uomini, che per non meglio precisate ragioni di sicurezza impediscono al padre di proseguire con il figlio che prendono in consegna. Qualche giorno dopo una staffetta partigiana riferisce che il ragazzo è stato segnalato nella zona di Ligonchio, nell’alto Appennino Reggiano, insieme ai partigiani.

La famiglia del ragazzo, rassicurata da questa notizia, scriveva allora al Prof. Pasquale Marconi, cattolico, uomo di spicco del CLN provinciale, che sanno essere con i partigiani, per avere notizie più precise su Nanni. Purtroppo per quattro lunghi mesi nessuna notizia giunge a casa Lasagni dove si spera che Pietro “Nanni” sia rimasto con i partigiani e che nulla egli scriva per prudenza. Il 25 aprile i partigiani scendono dalla montagna e la famiglia Lasagni attende di riabbracciare Nanni. Purtroppo invano. Qualche tempo dopo il padre incontra in una strada uno dei partigiani che prelevò il figlio, il quale finge di non averlo mai visto. A quel punto tutte le speranze crollano, le angosce si trasformano in certezza di tragedia. Finchè un giorno i famigliari incontrando un altro partigiano amico di famiglia chiedono come era morto il loro figlio, questi rispose “…..dato che ormai siete al corrente della cosa non posso negare l’accaduto. Il misfatto è avvenuto poche ore dopo l’arresto”. Ora è ufficiale: Nanni è stato ucciso.

A questo punto la famiglia da inizio ad una lunga trafila di incontri e di ricerche per scoprire verità e per poter dare almeno una degna sepoltura al giovane. Vengono presentate delle denunce all’autorità giudiziaria che da corso ad un indagine al termine della quale in data 12 novembre 1945 vennero arrestati Ivo Vecchi e Oscar Zanichelli. Tradotti nel carcere “dei servi”, in attesa dell’istruttoria del Dott. Loffredo vengono adibiti ai lavori di cucina. Dopo pochi giorni di detenzione improvvisamente i due responsabili vengono rimessi in libertà. Il Procuratore del Re Loffredo emette di propria responsabilità il mandato di scarcerazione con il quale l’istruttoria viene chiusa e archiviata. Il Giudice giustifica, questo suo atto giudiziario con l’appellarsi alla legge 12 aprile 1945 che ritiene non perseguibili dalla giustizia tutte le azioni compiute a scopo di guerra. L’uccisione del giovane Nanni Lasagni viene quindi considerata come un’azione legale compiuta dai partigiani ai fini della lotta di liberazione. Con questa tragica farsa termina la vicenda di Nanni Lasagni. I partigiani che li etichettarono falsamente come delatori erano spinti solo ed unicamente dal quell’odio e da quella invidia che caratterizzò l’azione di tanti, troppi elementi nel movimento partigiano di ispirazione comunista. Il disegno politico di tanti esagitati comunisti era chiaro: instaurare un regime di ispirazione marxista in sostituzione di quello fascista. Fortunatamente la storia ha avuto un ben altro corso. Ma gli oltre 65 anni che sono trascorsi per cercare di far luce su episodi gravissimi quali questo “prelevamento” e uccisione di nove persone sono un tempo davvero inaccettabile in una nazione democratica ; le responsabilità politiche del PCI – PDS – DS locale riguardo al negazionismo ed alla complicità nel celare questi barbari assassinii e i loro colpevoli sono tanto acclarate quanto reiterate ed ingiustificabili. I Sindaci scandianesi del dopoguerra, i dirigenti ed i quadri del PCI prima e del PDS poi hanno l’immensa colpa morale e politica di non aver mai dato giusto ascolto all’appello dei famigliari che non richiedevano null’altro se non un aiuto ed un indirizzo nella ricerca dei corpi dei loro congiunti uccisi ; la sinistra locale e nazionale ha invece la gravissima responsabilità di aver cercato di omettere queste pagine vergognose, esaltando in modo fazioso ed indiscriminato tutta la resistenza, compresi gli assassini che avevano partecipato al movimento resistenziale. Il silenzio che permane da oltre 65 anni sui luoghi di sepoltura dei cadaveri dei prelevati ad Arceto e Scandiano rappresenta la peggior premessa per poter addivenire ad una vera e propria conciliazione tra le parti che si combatterono durante la guerra civile in terra reggiana.

* alpino in congedo e giornalista professionista su testate nazionali

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