ADDESTRAMENTO

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Pubblicato il 21/04/2016

RESILIENZA: SUPERARE E ADATTARSI. FORZE SPECIALI E ULTRA ATLETI CE L’HANNO .

PORTARE IL CORPO ALLO STRESS E ALLA FATICA ESTREMA E ASCOLTARLO
«I risultati della ricerca dimostrano che la resilienza è legata soprattutto alla percezione del corpo e non al pensiero razionale»,

La capacità di un individuo di adattarsi e recuperare da eventi negativi e situazioni di forte stress si chiama resilienza.

Una ricerca dell’università californiana di San Diego, pubblicata su «Biological Psychology» , mette in relazione la resilienza con l’abilità di una persona di ascoltare il proprio corpo e interpretarne i segnali. Così si riesce a recuperare l’equilibrio dopo un trauma o una condizione di pericolo e forte ansia.
«Quando ci confrontiamo con lo stress, avvertiamo una serie di cambiamenti nel corpo», dice Lori Haase, professoressa di psicologia clinica alla San Diego State University, che ha guidato il team di ricercatori. «Finita la prova, abbiamo bisogno che l’organismo torni presto a livelli normali». Haase ha lavorato sia con veterani di guerra sia con atleti agonisti. In un’occasione ha sottoposto un gruppo composto da membri delle forze speciali e da campioni di sport estremi a un test per analizzarne la resilienza.
Con l’ausilio di strumenti elettronici e con sensori applicati ( «brain scanning» ) indossavano delle maschere sul viso che, comandate a distanza dai ricercatori, limitavano progressivamente la loro respirazione. Con la difficiltà di respiro vi sono aeree del cervello che ricevono messaggi di pericolo dal corpo e diventavano molto attive. Ma la risposta comportamentale dal cervello al corpo rimaneva moderata nei personaggi più “duri” , atleti estremi di corsa in montagna e incursori del Navi Seals e Delta Force. Col ritorno della respirazione normale il livello di attività cerebrale scendeva assai rapidamente, dimostrando una reazione moderata alla grave minaccia.

In una secondo esperimento il team di San Diego ha sottoposto a test un gruppo di 46 adulti in buona salute e dalla vita tranquilla, senza esperienze di situazioni al limite. Dopo avere diviso il gruppo con un test che individuava la loro emozionalità,(«scala della resilienza» di Connor-Davidson, ndr) , i volontari sono stati divisi in tre aree: bassa, media e alta. Durante l’esperimento veniva chiesto alle cavie di eseguire compiti semplici, come individuare e toccare un bottone, in una condizione di respirazione limitata. Gli ultimi due gruppi hanno reagito in modo simile a quello degli atleti e dei militari . Negli individui a bassa resilienza, invece, si è registrata un’attività assai alta nella regione della corteccia insulare, anche dopo che le maschere si erano allentate e permettevano di respirare liberamente: nel cervello l’insula è la regione connessa anche all’emotività, all’auto-consapevolezza e al controllo motorio. Presiede anche al mantenimento dell’equilibrio . Gli individui a bassa resilienza, inoltre, hanno rivelato una scarsa attività nelle regioni cerebrali che monitorano i segnali del corpo. «I risultati della ricerca dimostrano che la resilienza è legata soprattutto alla percezione del corpo e non al pensiero razionale», sostiene Martin Paulus dell’Institute for Brain Research di Tulsa e co-autore dello studio.

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