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Pubblicato il 27/12/2017

MISSIONE IN NIGER: MEGLIO UN BLOCCO NAVALE CHE SVEGLIARE I GRUPPI JIHADISTI DORMIENTI NEL SAHEL

di Corrado Corradi
Si fa tanto parlare della prossima missione dei nostri soldati in Niger; con questo mio non intendo emettere un giudizio sulla opportunità o meno di tale missione (non ne ho la competenza e meno ancora la legittimazione… «non sum dignus ») perché ogni missione di soldati ha un suo perché e una sua giustificazione, basta che sia chiamata con il suo nome, «missione»/«operazione», ma sicuramente accompagnata dal suo attributo naturale: militare (che esclude l’aprioristica pace).

A quanto mi sembra di capire, l’obiettivo principale del nostro governo é quello di fermare i flussi migratori clandestini (leggo dalla stampa: “il nostro obiettivo è stabilizzare un’area che è fondamentale per il flusso sempre maggiore di esseri umani e nella lotta al terrorismo”).
Pertanto mi sorgono spontanee alcune perplessità che mi accingo ad esplicitare:
• Mi sembra velleitario pretendere di fermare i flussi migratori provenienti dall’Africa sub-sahariana sorvegliando solo il confine Niger-Libia perché i migranti muovono in piccoli gruppi diradati seguendo dei passatori (quindi per antonomasia profondi conoscitori del territorio in cui muovono) i quali possono contare sulla complicità di tutta una popolazione che lucra su tale fenomeno; non ci vuole nulla a by-passare quella regione.
• il metodo più adeguato alla bisogna, l’unico in grado di dare garanzie di riuscita é il blocco navale, per due ragioni determinanti:
1. mentre nulla si sa delle zone di assembramento e partenza dall’Africa sub sahariana per attraversare il deserto, le zone di imbarco e partenza per l’attraversata del mediterraneo sono più o meno tutte note, questo rende massimamente efficace il blocco navale;
2. a fronte di un elevato numero di abortite partenze di gommoni, il migrante saprà da chi l’ha preceduto che appena lasciato il bagnasciuga libico é stato intercettato da una nave militare che l’ha costretto a fare dietrofront e non riterrà più remunerativo intraprendere il «pasagium» sahelo-sahariano dispendioso, faticoso, lungo e pericoloso e per di più con nulle o scarsissime possibilità di riuscita.

Quanto alla «stabilizzazione» di quell’area, é bene tener presente che nel Sahelo-Sahara sono presenti alcuni gruppi jihadisti dormienti (AQMI, gruppi Ansar, GSPC, etc) che da un po di tempo si trascinano tra Sud libico, tunisino, algerino e nord Mali, al traino delle numerose bande di contrabbando e preda che muovono in quell’area e con le quali hanno stabilito rapporti di parentela attraverso matrimoni e di complicità tramite azioni predatorie comuni; é pertanto facile immaginare che quei gruppi si sveglieranno, tireranno fuori dall’armadio i vestiti da mujahiddin e compiranno le azioni che sono loro proprie: attentati in ambiente urbano (penso alla capitale del Niger e alla città di Agadez) e azioni di guerriglia ai danni del contingente con imboscate e posa di IED lungo rotabili e direttrici percorse dai nostri militari.

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