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Pubblicato il 27/05/2016

NEL SESSANTESIMO DELLA MORTE DEL LEONE DELLA FOLGORE GIOVANNI ONANO

Sessant’anni fa, il 26 maggio 1956, moriva mio padre. Aveva quarant’anni.
Lo voglio ricordare in queste due vecchie foto, la prima nella divisa da sottufficiale paracadutista della “Folgore”, scattata a Firenze nel 1942 poco prima della partenza per l’Africa dove avrebbe combattuto nella battaglia di El Alamein. L’altra con me in via Roma a Cagliari, 1953.
Lo abbiamo ricordato all’Associazione Paracadutisti d’Italia, che contribuì a fondare al rientro dalla prigionia. In realtà io e la mia famiglia lo ricordiamo sempre: un uomo che aveva dato i suoi anni migliori alla Patria, fiero del dovere compiuto, senza rimpianti ma col dolore delle rinunce e delle attese sopportate, bello come il sole, serio, onesto. Con mio figlio Giovanni affianco ho letto alcune lettere di mio padre, da me raccolte nel libro “L’amore di carta”.
Tra i tanti intervenuti, che voglio qui pubblicamente ringraziare, non è voluto mancare il “Leone della Folgore” Giuseppe Ortu, anche lui nel V° Battaglione. Anche ieri si è commosso, commuovendo anche me, ricordando quando il 2 novembre 1942 a Naqb Rala, ricevuto l’ordine di ripiegare, aspettò il rientro di mio padre e della sua pattuglia e iniziarono insieme il doloroso cammino che li avrebbe entrambi portati alla cattura e alla lunga prigionia.
Chi non ricorda non ha memoria del passato e difficilmente avrà un futuro.
Salvatore Onano

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