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Pubblicato il 21/12/2016

PARACADUTISTA ALPINO DOPO LA MISSIONE DEL 1992 RITORNA SPESSO IN MOZAMBICO PER AIUTARE I BAMBINI

PIEVE DI SOLIGO- Cristian Frare, da tutti conosciuto come “Bruce” – paracadutista alpino in congedo- ha un legame particolare col Mozambico: da anni Cristian è entrato a far parte di “Progetto Mozambico onlus” con sede operativa a Bologna, cerca di dedicare uno o due mesi all’anno come volontario a Quelimane (quarta città del Paese, circa duecentomila abitanti) presso il Centro Nutrizionale “Nutrimundo”. Questa struttura dona un pasto completo gratuito ad oltre 500 bambini ogni giorno per tutto l’anno. «Il mio lavoro lì – racconta “Bruce” – è quello di seguire i ragazzi, servire loro i pasti e verificare che i bambini si presentino alle attività scolastiche e di gruppo. Il pomeriggio invece mi dedico alla gestione della biblioteca che, fortunatamente, è molto frequentata. Un segnale che il messaggio di crescita, soprattutto attraverso la lettura e lo studio, viene recepito anche dai genitori di questi bambini che, nella speranza di un futuro migliore per i loro figli, si preoccupano che frequentino con costanza le attività promosse e sfruttino le opportunità che forse loro non hanno mai avuto».

Oltre al lavoro di volontariato “sul campo” in Mozambico, Cristian ogni anno crea degli eventi nel Quartier del Piave il cui incasso viene interamente devoluto alla causa mozambicana. «L’ultima raccolta fondi è stata fatta il 10 settembre presso l’Hosteria 31 di Pieve di Soligo. In quella sera sono stati raccolti

ben 3300euro che sono stati impiegati per l’acquisto di materiale scolastico e cibo, gli acquisti li ho fatti personalmente al mio arrivo a Quelimane lo scorso settembre. Se pensiamo che lì un pasto completo costa 50 centesimi di euro, con molto poco potremmo tutti fare davvero tanto».

“Sono stato per la prima volta in Mozambico nel 1992: ero paracadutista alpino e tra i caschi blu dell’ONU fummo inviati a controllare il “corridoio di Beira”, una strada lunga oltre trecento chilometri che attraversa il Mozambico e che collega lo Zimbabwe al porto di Beira. Il nostro compito era scortare i carichi di aiuti umanitari, trovare le armi nei villaggi, metterle sotto sequestro. Il Mozambico, all’epoca, era appena uscito da una dolorosa guerra civile ed era compito nostro cercare di stabilizzare la situazione. Sono stati sette mesi di missione, sette mesi lunghi e toccanti che in me hanno lasciato un segno incancellabile». «Vedere gli occhi di queste persone – spiega Cristian – che non hanno davvero niente e, nonostante questo, sono sempre pronte a rivolgerti un sorriso mi ha davvero toccato. E mi ha spinto a far qualcosa per aiutare queste popolazioni».

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