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Pubblicato il 12/02/2017

RASSEGNA STAMPA: IL TIRRENO PARLA DI PAOLO NESPOLI INCURSORE E ASTRONAUTA

Il Tirreno ed.
sezione: LIVORNO data: 12/2/2017 – pag: 45

IN MISSIONE NEL COSMO»NESPOLI E KAYSER

Amaranto nel blu dipinto di blU– Così Livorno torna in orbita

di Mauro Zucchelli
L’astronauta è un ex parà del Col Moschin e ha vissuto a Ardenza, l’azienda aerospaziale
è un team di ingegneri labronici. Di nuovo insieme per preparare il sogno di dopodomani: Marte

lA prima foto che sia mai stata scattata alla nostra città dal cosmo l’ha fatta lui: un “livornese” finito lassù fra le stelle, subito dopo aver fatto una sfilza di esperimenti anch’essi targati Livorno, stavolta senza virgolette. Non è un po’ strano tutto quest’intrecciarsi di labronicità in quel blu dipinto di blu che è lo spazio? Non è un po’ curioso che qui da noi, buoni per l’industria sì ma metalmeccanica e tradizionalotta, spunti questa gemma di altissima tecnologia? Già, perché stiamo parlando di Paolo Nespoli, che dalle n ostre parti non è nato né ha preso la residenza ma che a Livorno ha vissuto per cinque anni quand’era nel Col Moschin. Niente virgolette invece agli esperimenti perché anche loro sì che sono livornesi doc: li ha preparati la Kayser, la piccola azienda aerospaziale labronica della famiglia dell’ingegner Valfredo Zolesi, con i figli David e Sara amministratori delegati (il primo al timone anche della controllata inglese nata poco più di un anno fa) più un team di super-tecnici e quartier generale all’ex Barcas sulla provinciale per il Gabbro.

È lì che c’è anche un centro di controllo in dialogo costante con gli astronauti, neanche fossimo a Houston anziché in mezzo ai boschi fra Popogna e Fonte all’Amore. È lì che arriverà domani l’astronauta. La strada la conosce già: e non solo perché alla Kayser è venuto tante volte per testare le apparecchiature e fare l’addestramento preliminare sugli esperimenti che dovrà ripetere in orbita. C’era già stato agli inizi degli anni ’80: non nello stabilimento ma «in quel torrentello lì sotto, «con uno zaino da 20-30 chili e 20 chilometri da fare a piedi e alla svelta per rientrare in caserma». Cinque anni alla caserma Vannucci, dice il curriculum: ma nella sua camera ardenzina non è rimasto mai troppo a lungo, se è vero che il generale Franco Angioni lo prese nel suo entrourage per un anno e mezzo in missione in Libano. Ma al Tirreno ha confessato un curioso amarcord di quando era ancora parà: ritornando da una esercitazione una volta «mi fermai qui davanti e ebbi chiaro che sarei tornato in questo luogo ma senza saper dire né come né perché». Tanto domani quanto nelle volte precedenti deve vedersela con tutta roba che ha a che fare con la fisiologia cellulare: soprattutto con le reazioni che il corpo umano ha all’assenza di gravità sia dal punto di vista psicologico che sotto il profilo biologico. Stanno qui gli enigmi da risolvere per poter tentare l’avventura dello sbarco su Marte: c’è da preparare la “macchina” umana prima ancora di quella fatta di congegni ultra-high tech, iper-computer e leghe di ultimissima generazione. L’ha sempre ripetuto l’ingegner Zolesi, padre fondatore di quest’impresa.

Anche lui per andare a caccia del proprio sogno di bambino, così come Nespoli che a trent’anni si è rimesso sui libri cone un ragazzino nonostante avesse la carriera militare ben avviata. Nespoli quella foto che trovate su flickr chilometri l’ha scattata sopra le nostre teste, “affacciandosi” dal “finestrino” della stazione spaziale internazionale che passa a 27 mila km orari. Qualcosa di ben differente dagli scatti automatici dei satelliti : stavolta è un clic intenzionale, Nespoli l’ha fatto con una Nikon Ds3. È questa la terza missione nello spazio per l’astronauta italiano: un record. Così come una impresa da primato era stata la seconda avventura nel cosmo, durata ben sei mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale, costretto a non muoversi se non entro i circa 350 metri cubi previsti come spazio vitale in mezzo al “nulla” dell’ambiente cosmico, l’equivalente di un appartamento di quattro stanze ma con le pareti tappezzate di congegni all’avanguardia e il problema di doversi muovere facendo attenzione che non c’è gravità, dunque controintuitivamente rispetto a chi è abituato all’atmosfera terrestre. Dietro c’è tutta l’enorme galassia delle scienze della vita: basti pensare alle ultime rivelazioni che gli studi su due gemelli – l’uno astronauta in lunga permanenza nello spazio e l’altro no – hanno mostrato sulle modifiche del sistema genetico e degli apparati cerebrali. Quattrini buttati via per far “giocare” gli scienziati? Zolesi usa il paragone della Formula Uno: sì, questi test costano molto ma hanno una altissima ricaduta economica e soprattutto sul fronte della ricerca applicata. Proprio come i freni o i sistemi di controllo elettronici dei bolidi da Gran Premio ce li troviamo nel giro di dieci anni nella produzione di serie sulle auto che guidiamo anche noi: le ricerche di avanguardia nelle scienze della vita sono il modo più veloce per trovare rimedi a patologie degenerative e malattie finora poco curabili.

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