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Pubblicato il 19/05/2015

IL FINTO ESERCITO IRAQENO CHE SCAPPA DAVANTI AL NEMICO

Costruite da americani e britannici con un spesa di 25 miliardi dollari in dieci anni, che diventano 60 miliardi considerando anche la costruzione di infrastrutture, le forze armate irachene si sono sciolte come neve al sole nel giugno del 2014 davanti all’offensiva dei jihadisti di Isis che portò alla cattura di Mosul. Ed ora sono tornate a fuggire a Ramadi, davanti all’avanzata degli stessi avversari.

Per comprendere come sia possibile l’implosione di un esercito di 193 mila uomini e 500 mila riservisti, sostenuto ogni anno da un bilancio di 17 miliardi di dollari di cui 1,3 forniti dagli Stati Uniti bisogna partire dagli effettivi. Il portavoce del ministero dell’Interno di Baghdad, Sabah Hadum, afferma che «rispetto a 193 mila soldati sulla carta noi paghiamo 135 mila stipendi» ma in almeno 50 mila casi si tratta di «militari fittizi» ovvero nomi inventati da politici, comandanti e leader locali per riscuotere entrate mensili.

Ciò significa che, nel migliore dei casi, i soldati di cui dispone il capo di stato maggiore, Khurshid Rasheed, sono circa 85 mila. Ma il loro livello di addestramento è stato giudicato «incredibilmente basso» dagli istruttori dei Marines che il Pentagono ha inviato nel 2014 per tentare di creare delle unità anti-terrorismo.

I MOTIVI: dal completamento del ritiro delle truppe Usa, nel dicembre 2011, gli iracheni non hanno dedicato risorse all’addestramento dei militari come alla manutenzione degli ingenti depositi di armamenti lasciati da americani e britannici. Secondo: le forze armate sono indebolite da tensioni settarie perché dominano gli sciiti a scapito dei sunniti che si sentono discriminati dai comandi.

Segnato dalle defezioni e dalla corruzione, con armamenti spesso difettosi e carente di motivazioni collettive, l’esercito iracheno ha delegato la difesa del Kurdistan ai peshmerga ed ha bisogno del sostegno delle milizie popolari sciite per combattere contro Isis.

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