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Pubblicato il 10/12/2017

GIOVANNI AGNELLI: VENTUNO ANNI FA MORIVA UN VERO CARABINIERE PARACADUTISTA

Giovanni Agnelli è morto il 13 Dicembre 1997 quando aveva trentatré anni. Era stato designato pubblicamente come futuro capo della Fiat. Si era sposato da poco e la sua bella moglie Avery stava aspettando una bambina. Era bello, ricco, giovane, simpatico. Gli dei sembravano essere stati generosi con lui, ma poi si sono ripresi tutto. In una volta, con fretta e brutalità.

Quando era a capo della Piaggio aveva stilato un «Manifesto dei valori» che aveva affisso nel suo ufficio: «La nostra azienda ha tra i propri punti di riferimento fondamentali la responsabilità sociale. In tale ambito ritiene prioritarie le problematiche della sicurezza e dell’impatto ambientale, dei prodotti come dei processi produttivi».

Giovanni non accettava che scopo ultimo dell’industria fosse solo quello di fare soldi: il ruolo dell’industria è anche quello di migliorare la società e la qualità della vita. Nel manifesto aveva scritto: «Le persone sono all’origine della nostra forza. Sono la risorsa e l’intelligenza dell’organizzazione… Il coinvolgimento a ogni livello, il lavoro in squadra, la condivisione degli obiettivi sono necessari per la realizzazione della nostra missione».

Aveva lavorato in Comau sotto falso nome, per capire come funzionava la catena di montaggio. Poi era stato Carabiniere paracadutista del Tuscania. Michele Tunzi, comandante di quel periodo, scrive: «Il giorno del suo arrivo, al termine del discorso iniziale mi chiese di potermi parlare in disparte per qualche minuto. Teneva molto, mi disse, al fatto di essere trattato come gli altri ragazzi. Si rendeva conto che il suo nome era un nome particolare e questo lo metteva a disagio. Per questo motivo ci chiese di aiutarlo affinché ciò non influenzasse il nostro atteggiamento». “Era rimasto molto legato all’Arma. Mi aveva telefonato poco prima delle sue nozze, ricordandomi di una sfida a tennis che avevamo in sospeso. Avevo letto che mercoledi’ era andato allo stadio a vedere Juventus – Manchester, una notizia che mi aveva fatto ben sperare.

Prima di morire riuscì a vedere sua figlia e confessò a don Renzo Savarino il suo stato d’animo di fronte all’ultima prova: «Voglio vivere, desidero vivere, prego per vivere. Ma se il Signore vuole altro da me è perché per me sarà meglio così». Monsignor Riboldi disse: «Queste sofferte parole dimostrano come niente sia impossibile a Dio: mi ritorna in mente un passo evangelico, quello in cui Gesù racconta che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli. Ecco, nel caso di Giovannino Agnelli si è verificato il caso del cammello che passa nella cruna di un ago».


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