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Pubblicato il 18/08/2018

IL RICORDO DI CARLO LENTI NELLE PAROLE DEL GENERALE MARCO BERTOLINI

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E’ morto Carlo Lenti. Mi verrebbe istintivo dire “è morto il Tenente Lenti”, condizionato come sono dai ricordi più belli che ho di lui, quando eravamo subalterni assieme nella indimenticabile 2^ compagnia del 9°, quarant’anni fa.

Gran bella gente! Ma farei un torto ad una vita intensa che l’ha portato ad essere tante altre cose e a vivere tanti altri ruoli: quello di subalterno del 185° Gruppo artiglieria paracadutisti prima, poi quello di Capitano comandante della 4^ compagnia paracadutisti del 2° battaglione e infine quella di Colonnello Comandante della Sezione Ardimento della Scuola di Fanteria di Cesano, per citare i più significativi.

A fattor comune, in tutti questi ruoli Carlo brillava di luce propria per una dote particolare: un entusiastico spirito folgorino ed una generosità assoluta che anche negli ultimissimi anni lo spingevano a farsi avanti, a trascinare con l’esempio i più giovani. Se la Brigata paracadutisti, la Scuola di Fanteria e il 9° gli devono molto, molto gli deve anche l’ANPd’I che ne ha potuto sfruttare capacità e disponibilità in molte occasioni in questi ultimi anni, per trasmettere ai più giovani un po’ dello spirito esuberante e trascinatore che manifestava in ogni occasione.

Ma parlare degli episodi e di quello che ha fatto ha poco senso in questo momento, dato che rimarranno scritti ancora a lungo nella memoria nostalgica, pensosa e divertita di chi visse con lui quei giorni. Infatti, il bilancio della sua vita rappresenta un po’ il bilancio di tutta una generazione di Ufficiali, di incursori e di paracadutisti passati dalle prime esperienze operative fuori area alla professionalità di oggi. Una professionalità non maturata e caduta naturalmente ed autonomamente “dal pero”, ma studiata, ricercata ed alimentata costantemente, spesso nel disinteresse “degli altri”, quando erano ancora cuore, ma anche polmoni, fegato e polpacci le risorse principali alle quali doveva ricorrere il paracadutista e l’incursore, senza la pervasività di quella tecnologia che pare oggi dominare tutto.

Tempi irripetibili, quando si chiedeva agli operatori ed ai loro comandanti motivazione e fantasia prima di tutto, per inventare l’inesistente anche a costo di qualche osso rotto di troppo. Tempi nei quali non avresti osato rivolgere l’agghiacciante termine di “collega” all’uomo al tuo fianco, e nei quali non ti saresti tirato indietro da una prova semplicemente perché “non sta scritto da nessuna parte”. Ma era un passaggio obbligato, senza il quale l’oggi militare sarebbe molto diverso. E peggiore.


Carlo ha vissuto profondamente quell’epoca, con partecipazione assoluta, spremendo il suo fisico atletico fino allo spasimo e proponendosi quale esempio da imitare sia nell’ambito del Distaccamento Operativo del 9° sotto il suo comando, sia coi suoi “Falchi” del 2° che con gli allievi di Cesano. Lui era sempre davanti, il primo a fare quello che avrebbe poi chiesto a loro. Ma Carlo è stato anche, e forse soprattutto, un uomo buono ed un amico che era facile amare e che sarà difficile dimenticare, come lo sono Roberto ed Antonino – per citare due dei suoi amici più cari – e tutti gli altri incursori e paracadutisti che l’hanno preceduto di qualche anno e che ci piace pensare intenti a dargli il benvenuto. Ha lasciato questo mondo tra grandi sofferenze alimentato, però, da una fede solida e sorretto dai conforti religiosi. La famiglia gli è stata vicina, ovviamente, e a lei vanno le condoglianze sentite di tutti noi, e vicini gli sono stati tanti paracadutisti ed incursori di ogni età. Tra questi il suo vecchio Comandante del 9° e il Presidente della Sezione ANPd’I, di Roma, efficacissimi nel sostenerne la determinazione a lottare la sua ultima e più difficile battaglia. Una battaglia persa, come si vede, ma i paracadutisti hanno già dimostrato ad El Alamein di non temere le sconfitte. Credo che non si sia mai sentito solo e sono certo che, nonostante la consapevolezza di quello che gli stava succedendo, non è mai stato schiacciato dalla disperazione.

Insomma, è morto da soldato.

MB

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