ADDESTRAMENTO

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Pubblicato il 01/06/2021

BREVETTI ESTERI. IL FASCINO DELLE “ALI STRANIERE” – QUARTA PARTE – I PARACADUTISTI CANADESI

Come accennato nel prologo http://bit.ly/elenco_brevetti_esteri di queste avventure in terre straniere, durante l’annuale incontro degli Ufficiali della Riserva della NATO (CIOR) che si tenne in Luglio del 1996 in Norvegia, ebbi modo di conoscere il Rappresentante Nazionale Canadese della categoria: il Colonnello Bob Lockart. L’Ufficiale, prima del congedo, era stato per molti anni il Comandante del famoso “Canadian Airborne Regiment” (https://en.wikipedia.org/wiki/Canadian_Airborne_Regiment ), formato in Canada nel 1968, anche se le sue origini risalgono al 1st Canadian Parachute Battalion che prese parte alla II° GM.

Il Reggimento venne travolto dallo scandalo della tortura e dell’uccisione di un giovane ragazzo somalo durante la campagna in Somalia da parte di alcuni soldati del Reparto: l’opinione pubblica e i politici Canadesi reagirono allo scandalo chiedendo la chiusura definitiva del Reggimento che avvenne nel 1995.
L’esperienza e il know-how paracadutistico non furono però persi, e vennero formate delle compagnie di paracadutisti, all’interno di alcuni Reggimenti di fanteria leggera, togliendo però loro l’amato basco amaranto.
Durante il mio incontro in Norvegia con il Col. Lockart chiesi se fosse possibile organizzare una visita alle FFAA Canadesi per un’esercitazione di aviolancio. Il Comandante fu molto disponibile e mi promise di attivarsi non appena rientrato in patria e mi diede il suo indirizzo di posta elettronica; fu per me abbastanza imbarazzante non poter contraccambiare in quanto all’epoca (1996) avevo solo una vaga idea di cosa fossero le e-mail. Non appena rientrato in Italia però, grazie ad un nostro Ufficiale che lavorava nel settore informatico di una grande azienda che già utilizzava la posta elettronica, scrissi immediatamente per confermare il nostro interesse e dopo pochi mesi, nella casella di posta del nostro Ufficiale, arrivò una prima mail da parte del Ten. Col. David PITTFIELD, Comandante del “3rd Battalion-The Royal Canadian Regiment”.


IL REPARTO

The Royal Canadian Regiment-RCR è uno dei Reggimenti di fanteria leggera di cui dispongono le FFAA Canadesi, all’interno del quale vi sono 4 Battaglioni, due dei quai (il 1° ed il 3°) hanno la sede nella CFB Petawawa, una base militare situata a 170 km a nordovest della capitale Ottawa il cui nome, Petawawa, deriva dal nome che gli indiani Algonchini diedero al fiume adiacente. La base è disposta su di una enorme area di oltre 300 km2 che comprende oltre a numerosi insediamenti di vari Reparti delle FFAA Canadesi, al personale civile (oltre 6.000 persone con le relative abitazioni), anche una grande area addestrativa, che avremmo utilizzato durante la nostra permanenza al Reparto.
Come alcuni altri Battaglioni inseriti all’interno di Reggimenti di fanteria leggera, anche il 3rd Battalion aveva una compagnia di paracadutisti i cui Militari continuavano l’addestramento, i lanci e l’impiego classico delle Unità paracadutiste, pur indossando le insegne del RCR (basco nero).
Una cosa che notammo subito alla base, che dalla sua fondazione fu anche la sede del Canadian Airborne Regiment e della scuola militare di paracadutismo canadese, nonostante le recenti (per allora) vicissitudini, fu che lo spirito paracadutistico era vivissimo nel luogo e nelle persone. Infatti come noterete in alcune fotografie erano ancora visibili le insegne del Canadian Parachute Center, ma non solo, molti dei militari provenienti dalle unità paracadutistiche, portavano cucito all’interno del basco nero, il fregio in stoffa del disciolto Airborne Regiment che ci mostravano con orgoglio ed alcuni avevano sempre al seguito l’amato basco amaranto nelle capienti tasche della BDU.


L’INVITO
Dopo i primi scambi di mail, il Comandante del 3rd Battalion il 2 Dicembre 1996 mi fece arrivare un fax ufficiale del Reparto con l’invito a partecipare ad una esercitazione di aviolancio che si sarebbe tenuta a metà Gennaio 1997. Potete immaginare la nostra sorpresa: i tempi erano strettissimi! Giova ricordare che in quell’epoca tutto era molto più lento. Per ottenere la necessaria autorizzazione (senza la quale in nostri amici Canadesi non ci avrebbero fatto lanciare) dal nostro SMD, sentito il parere favorevole dell’Addetto Militare Italiano a Ottawa sede della nostra Ambasciata, era formalmente necessario inviare la richiesta almeno 40 giorni prima (partì infatti il giorno stesso via fax!!). In quegli anni poi organizzare un viaggio in Canada non era come andare a Milano. I biglietti aerei all’epoca si acquistavano solo tramite agenzia viaggi ed i prezzi potevano variare: anche raddoppiare o triplicare a seconda del periodo (date partenza/ritorno), della rotta (cercammo anche voli via Mosca..) e di quanto tempo prima si acquistavano i biglietti.
Il Ten.Col. Pittfield inoltre ci informava che, come tutte le esercitazioni di aviolancio, l’attività poteva essere “spiantata” in qualsiasi momento, sia per questioni organizzative, sia per le condimeteo, che in gennaio non erano certo ideali in Canada. Decidemmo comunque di rischiare e prenotammo un volo con la AIR CANADA che da Milano ci avrebbe portato a Montreal via Londra, dove arrivammo alle 1643 di sabato 11 Gennaio 1997.


IL LANCIO
All’arrivo il “mite” inverno canadese accolse i 6 intrepidi che avevano rischiato l’avventura, senza nessuna sicurezza della sua riuscita, con temperature da -15°C a punte di -60°C durante la notte e tanta, tantissima neve anche sulle strade principali. Ricordo che guidando il pullmino che avevamo noleggiato e che ci portò alla base, viaggiando con il riscaldamento al massimo, gli occupanti dei sedili anteriori viaggiavano in maniche di camicia per il caldo, mentre l’ultimo occupante della terza fila di sedili, stava perennemente con l’eskimo per il freddo!! Pernottammo la prima notte a Montreal per partire la mattina dopo per Petawawa e nonostante la media distanza (circa 350 km), viste le condizioni delle strade, arrivammo solo nel tardo pomeriggio. Il Comandante ed il Cap. Bell, Ufficiale di collegamento, furono splendidi ospiti e ci assegnarono il Sergeant Major Schaffer, del plotone “pathfinder” quale accompagnatore per tutta la settimana di permanenza, che ci accompagnò subito alle ns bellissime camere singole, stile chalet di montagna, tutte in legno. Il giorno successivo, dopo una sostanziosa colazione a base di pancakes e sciroppo d’acero (non a caso la foglia d’acero è il simbolo ufficiale del Canada e, scoprimmo poi, è riportata anche sul Brevetto di paracadutismo) procedemmo alla vestizione. Infatti appena notarono le ns mimetiche, in particolare gli anfibi, ci suggerirono di cambiarli con delle specie di moon-boot molto più protettivi ed isolanti dal freddo, oltre ad un copri mimetica, ad un mefisto e a guanti super isolanti, il tutto rigorosamente bianco.

In attesa del giorno del lancio, previsto per venerdì 17 (nessuno di noi era superstizioso) ci chiesero cosa volevamo fare: dopo una rapida occhiata d’intesa, come capo delegazione sciorinai “torre d’ardimento, armi ed equipaggiamenti del Reparto, motoslitte!” Avevamo infatti saputo che ogni compagnia di paracadutisti aveva in dotazione delle motoslitte che venivano aviolanciate in caso di missioni in periodi invernali, in territori dove non vi era altro modo per muoversi rapidamente.
Naturalmente un giorno passò con l’obbligatorio ricondizionamento all’aviolancio, con cadute, uscita dalla falsa carlinga del C130, torre d’ardimento, spiegazione del loro paracadute CT1 (identico al T10 americano) e dell’emergenza. Nei giorni successivi ci portarono a vedere tutte le armi e gli equipaggiamenti in dotazione al Battaglione, con l’aliquota sniper, pathfinder e i materiali usati dall’Artic Warfare, un Reparto particolarmente attrezzato e addestrato ad operare in climi rigidissimi, ai limiti della sopravvivenza umana.


Ma quello che aspettavamo con interesse e che ci riempì di gioia, successe la mattina del mercoledì, quando all’uscita dei ns alloggi ci aspettavano 5 motoslitte con 5 militari alla guida. Dopo un viaggio di circa 30 minuti nella foresta, giungemmo ad una base avanzata del Reggimento; i militari capeggiati dall’onnipresente Schaefer, ci dissero: “… bene noi entriamo al caldo, le motoslitte adesso sono in mano vostra, tornate entro le 13 e… NON PERDETEVI!”. Eccitatissimi ma coscienti della responsabilità, montammo sui bolidi e in perfetta fila indiana procedemmo su di una pista per qualche kilometro, fermandoci poi in una ampia zona senza alberi, non troppo distante. Infatti come potete immaginare nella foresta innevata perdersi è una cosa da nulla (all’epoca non eravamo dotati di telefonino) e volevamo evitare di fare figuracce anche se immaginavamo di essere in qualche modo monitorati, vista la radio che ci avevano dato in dotazione. In quello spiazzo ci divertimmo un mondo ad esplorare le caratteristiche delle motoslitte, con impennate e capitomboli, attutiti dall’oltre metro di neve presente.

Nel frattempo eravamo tutti in ambasce perché apparentemente la nostra Ambasciata aveva inviato al Reparto il fax di autorizzazione all’aviolancio con l’elenco dei partecipanti… dimenticando l’ultima pagina del messaggio, dove erano trascritti grado cognome e nome di due di noi… e il Ten. Col. Pittfield era irremovibile: senza quella pagina i due malcapitati non saltavano. Finalmente dopo numerose telefonate arrivò anche la pagina mancante… il giorno prima del lancio!

Dopo alcuni giorni di bel tempo, il giovedì arrivò una tempesta di neve, con raffiche di vento a oltre 30 nodi che ci facevano temere il peggio. Il mattino successivo, il giorno fatidico per il lancio, sveglia alle ore 0230 e uscendo dal tepore degli alloggi la temperatura di 52 gradi sotto zero (con l’effetto del wind chill) ci accolse come un pugno sui polmoni: non riuscivamo neanche a respirare agevolmente. Con il ns pulmino ci recammo alla partenza del bus situata a circa 2 chilometri, che ci avrebbe portato alla base di decollo. Ci stupimmo che il pullmino riuscì a partire: infatti all’arrivo alla base il primo giorno, notammo che i parcheggi erano tutti dotati di una specie di cavo che ci spiegarono era normalmente utilizzato per collegare le auto che ne erano provviste, ad una sorta di resistenza elettrica che manteneva l’olio motore a temperature accettabili durante la notte, ma il ns pullmino ne era sprovvisto!


Dopo 5 ore di pullman, date le condizioni delle strade, arrivammo verso le 0800 alla base dell’Aeronautica di Trenton, cittadina posta sulle rive dell’immenso lago Ontario (che dà il nome alla Provincia dove ci trovavamo) distante appena 300 km dalla base, dove potemmo fare una lauta colazione e constatare che il tempo nel frattempo era bellissimo.
Convincemmo il ns accompagnatore, il Cap. Nash, ad inserirci nel primo decollo a scanso di equivoci e, indossati i paracadute, ci imbarcammo sul C130 dove verso le 1030, avvenne il decollo. Non sappiamo se i piloti canadesi (come probabile), informati della nostra presenza a bordo volavano offrirci un po’ di goliardico benvenuto, oppure se era previsto dall’esercitazione, fatto sta che fummo sballottati per oltre 75 minuti di volo tattico per cui la mia lauta colazione (e non solo la mia) tornò alla base all’interno dei sacchetti previsti per queste evenienze (e tralascio altri particolari scabrosi…).
Il lancio avvenne a quota 333 metri (1000 ft) ad una temperatura esterna di -24°C: praticamente estate rispetto alla partenza della mattina, in una bellissima giornata di sole. Atterraggio molto soffice nella neve (eravamo un po’ preoccupati a causa della eccessiva morbidezza dei nostri moon boot) dove ci informarono di essere nella DZ Gunther sull’isola di St. Joseph situata nel lago Ontario. Di lì a poco la pattuglia guida mi recapitò l’elmetto strappatomi da una “sbretellata” in fase di apertura, per il quale dovetti fare un tot di flessioni… nella neve!
Subito il Cap. Nash ci riunì di fronte al Reparto schierato, indossando per l’occasione il suo basco amaranto, e con una breve e sobria cerimonia ci consegnò le agognate “ali” Canadesi con foglia di acero rossa. Immediatamente rispondevamo per tre volte con un poderoso: Parà! Folgore!
Il sabato mattina ci congedammo nostro malgrado, non senza aver consegnato crest e regali vari ai nostri ospiti, per il rientro a Milano via Montreal e Londra. Il viaggio di ritorno però non lo ricordo: a causa del freddo intenso degli ultimi giorni, mi ero beccato una mega bronchite e viaggiai con febbre sempre oltre i 39 gradi, alle volte delirando in aereo… almeno così mi disse chi mi accompagnò in auto fino alla porta di casa, accolto con evidente disappunto da mia moglie… meno male che allora il covid neanche esisteva.

Cap. Danilo Fumagalli

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