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Pubblicato il 20/02/2016

GIULIA OSSATO: 22 ANNI , ALPINA DEL SETTIMO REGGIMENTO ORA CAPOGRUPPO ANA

La differenza tra un alpino e un non alpino? Abissale. Così come è difficile parlare, cercare di spiegare cosa significhi essere un alpino a chi non ha fatto il servizio militare. Solo chi ha provato può capire veramente».


VICENZA-A 22 anni, dopo averne passati 2 nel settimo reggimento alpini, Giulia Ossato è stata eletta quando tre anni orsono a capo del gruppo alpini di Laghi, 64 alpini iscritti su 123 abitanti, diventando il più giovane capogruppo d’Italia. A breve assumerà la carica superiore di referente della zona “Monte Cimone”.
«Ho sempre avuto la passione per gli alpini, da quando da bambina, con mio padre e mio nonno, entrambi penne nere, partecipavo alle manifestazioni – racconta Giulia -. A 18 anni, nel 2008, sono andata all’adunata nazionale di Bassano: li ho visto due alpine e ho deciso che anch’io sarei diventata una di loro».
Ma cosa spinge una ragazza di nemmeno vent’anni a voler indossare la penna nera?
«I valori, l’impegno, la serietà, le regole che da sempre caratterizzano gli alpini – prosegue -.
Giulia interpreta alla perfezione lo spirito alpino: fare le cose bene sia quando si tratta di lavorare, sia quando si tratta di divertirsi insieme. «Lo stereotipo dell’alpino che mangia e beve deve essere superato – osserva -: certo, ci sono anche i momenti conviviali, che sono importanti per lo spirito e la conoscenza, ma che vengono a conclusione di quello che è l’impegno, cioè dopo aver fatto il proprio dovere».
Non c’è rammarico in questa ragazza che, dopo i due anni con le stellette, non è riuscita a raffermarsi e passare in servizio permanente, così come avrebbe voluto. «Ho fatto quello che volevo fare e sono soddisfatta – ammette serenamente -: chi è stato alpino, lo resta per sempre»

Giulia non manca mai, il 31 dicembre di ogni anno, alla cerimonia in memoria di Matteo Miotto, l’alpino thienese anche lui del 7 caduto combattendo in Afghanistan. «Con Matteo ci conoscevamo, anche se io sono arrivata al reggimento quando loro erano in procinto di partire per la missione. Ma anche per il fatto di essere entrambi della stessa zona, quando ci incrociavamo in caserma due parole le facevamo sempre. Matteo è un esempio per quanti, come lui, credono in determinati valori».
L’alpina Ossato quasi si stupisce alla domanda se c’è differneza tra una penna nera uomo e donna. «Assolutamente nessuna – risponde -. Nella mia squadra, ad esempio, eravamo in due ragazze e ci facevano fare, e facevamo, le stesse cose dei colleghi maschi». Anche con qualche malcelata soddisfazione: «Come quando il comandante di squadra rimbrottò un alpino che si lamentava delle vesciche provocate dai Vibram dicendogli che io e l’altra ragazza avevamo le stesse vesciche, ma non aprivamo bocca».
Così come non ha dubbi sulla polemica sorta mesi fa sul divieto, da parte di un prete vicentino, di far entrare cappelli alpini e gagliardetti in chiesa per un funerale: «Come ha detto don Roberto alla messa per la cerimonia di commemorazione di Nikolajewka ad Arsiero, il salmo 135 è ben più duro della preghiera dell’alpino. E poi i cappelli con la penna, in chiesa, ci sono sempre entrati».

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