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Pubblicato il 25/06/2023

25 GIUGNO 1967: CIMA VALLONA SI COPRE DEL SANGUE DI MILITARI ITALIANI. SABOTATORI, CARABINIERI E ALPINI

SAN NICOLÒ COMELICO- Il 25 giugno 1967 i terroristi separatisti altoatesini, che da tempo compivano attentati alle linee dell’alta tensione, abbatterono un traliccio elettrico in località Cima Vallona, al confine con il Tirolo. Tutto ebbe inizio alle 3.40 del 25 giugno, quando una sentinella del distaccamento di Forcella Dignas, nel territorio del comune di San Pietro di Cadore, avvertì una forte esplosione in direzione del passo di Cima Vallona. Dell’accaduto venne informato il comando del presidio di Santo Stefano di Cadore. Per accertare la causa della scoppio venne disposto l’invio di una pattuglia composta da alpini, artificieri e finanzieri, che alle 5.30 di quella tragica giornata partì dalla sede del presidio a bordo di autovetture da ricognizione. Giunti a circa 600 metri dal traliccio che appariva danneggiato, i militari, non potendo proseguire oltre con gli automezzi per la presenza di cumuli di neve, procedettero a piedi. La pattuglia era guidata dal capitano degli Alpini Alamari e dal tenente della Guardia di Finanza Marinetti seguiti dagli altri. Improvvisamente, a circa 70 metri dal traliccio, si verificò l’esplosione di un ordigno collocato sotto un mucchio di ghiaia. Era una di quelle mine antiuomo che vennero molto utilizzate nel corso del 1967 in Alto Adige.L’esplosione investì in pieno l’alpino radiofonista Armando Piva, nato a Pederobba il 2 dicembre 1945 e residente a Valdobbiadene nella frazione di Bigolino, effettivo al battaglione alpini “Val Cismon” . Trasportato all’ospedale di San Candido morì alle 23 dello stesso giorno, dopo una straziante agonia dovuta alle mutilazioni subite nell’esplosione.

A bordo di un AB 204 del IV Reparto Elicotteri decollato dall’aeroporto di San Giacomo di Bolzano fu inviata una squadra della Compagnia Speciale Antiterrorismo, con il compito di raccogliere indizi utili all’indagine e per identificare gli autori dell’attentato.

La squadra era composta da
Francesco Gentile, classe 1930, di Fano (Pesaro), capitano del Battaglione Carabinieri paracadutisti;
Mario Di Lecce, classe 1936, di Lecce, sottotenente del Battaglione sabotatori paracadutisti;
Marcello Fagnani, classe 1940, di Roma, sergente maggiore artificiere del Battaglione sabotatori paracadutisti;
Olivo Dordi, classe 1943, di Gromo (Bergamo), sergente artificiere del Battaglione sabotatori paracadutisti.

Dopo aver fatto i rilievi sul luogo dell’esplosione, i quattro si avviarono incolonnati sulla via del ritorno lungo lo stesso itinerario percorso all’andata e in direzione dell’elicottero rimasto in attesa, quando, inavvertitamente, uno di loro attivò una trappola esplosiva piazzata a circa 400 metri dal luogo dell’attentato e lungo l’unico sentiero disponibile.

A seguito dell’esplosione il sottotenente Di Lecce, il capitano Gentile e il sergente Dordi morirono sul colpo.Il sergente Fagnani, colpito da oltre 40 schegge, rimase gravemente ferito. Sul luogo dell’esplosione furono trovate due tavolette di legno con incisa una rivendicazione a firma dell’organizzazione terroristica separatista altoatesina BAS (Befreiungsausschuss Südtirol). Il testo riportava: «Voi non dovrete avere mai più la barriera di confine al Brennero. Prima dovete ancora scavarvi la fossa nella nostra terra».Al capitano Gentile è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare mentre agli altri caduti e feriti di Cima Vallona è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare. Il 29 marzo 2010 furono tutti decorati anche della Medaglia ricordo di “vittima del terrorismo” .

dordi.cimavalona.giornale

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