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Pubblicato il 22/09/2016

BREGANZE ( VICENZA)- RADUNO DEL TRIVENETO ANPDI- DOMENICA PROSSIMA RICORDATI I CADUTI DELLA MELORIA

Il Giornale di Vicenza
data: 22/09/2016 – pag: 30

BREGANZE. Da domani a domenica commemorazione della tragedia relativa al disastro aereo avvenuto all’alba del 9 novembre 1971 nelle acque di fronte a Livorno

Quei parà morti alla Meloria: resta il mistero

L’equipaggio del C130 con 52 militari si inabissò durante un’esercitazione. Impossibile il recupero
di 11 corpi tra cui quello del sottotenente Borghesan

Il caporale Dal Lago di Arcugnano è uno dei militari che morirono nelle acque della Meloria, di fronte a Livorno. Tra loro c’era anche il sottotenente Borghesan di Breganze mai ritrovato. R.L.
Il monumento al parco dei Caduti della Meloria si trova al cimitero di Breganze.

Domenica, a Breganze, alla celebrazione del 45 anniversario di quella che ancora resta la più grande tragedia che ha colpito, in tempo di pace, il paracadutismo militare nazionale, ci sarà anche il console inglese Vic Annells. E non potrebbe essere altrimenti visto che 6 dei 52 caduti della Meloria erano militari britannici. Tutto l’equipaggio del C 130 “Gesso 4”. Partito da Pisa, assieme ad altri 9 velivoli da trasporto del 38 gruppo della Raf, con 46 paracadutisti italiani della Brigata “Folgore”, sesta compagnia “Draghi”. Avrebbero dovuto lanciarsi sulla Sardegna per un’esercitazione Nato, ma non arrivarono mai a destinazione.L’aereo si inabissò all’alba del 9 novembre 1971. Non si salvò nessuno, anzi 11 corpi sono ancora sepolti lì, in quel tratto di mare di fronte a Livorno. Tra questi, anche quello del sottotenente Ernesto Borghesan, di Breganze, disperso da allora. Insieme al caporale Luciano Dal Lago di Arcugnano, è una delle due vittime vicentine. La sua famiglia chiese allora al Comune di erigere, a proprie spese, una lapide con incisi tutti i nomi dei Caduti e 53 cippi, compreso quello dedicato al sergente maggiore Giannino Caria, morto durante le operazioni di recupero dei corpi. Un parco, nel cimitero, che in questi giorni i volontari della sezione “Berica” di Lonigo dell’Anpd’I hanno ripulito.

RICORDO. Spiega il presidente leoniceno Domenico Carturan: «Noi non dimentichiamo. C’è un filo, che si chiama amor di Patria, che lega gli alpini dell’Ortigara, i ragazzi di El Alamein e questi nostri commilitoni. E che li lega ad ognuno di noi, visto che abbiamo voluto collocare la cerimonia all’interno del nostro 18 Raduno triveneto proprio per riaffermare che non sono morti ma continuano a vivere dentro il cuore di ogni parà». «Non si è mai capito – sottolinea Guido Barbierato, presidente della sezione vicentina – cosa sia successo, perchè “Gesso 4”, che procedeva in formazione, picchiò verso l’acqua». Volavano senza lasciare traccia sui radar, a un centinaio di metri sul livello del mare.

ALBA TRAGICA. Erano gli anni della Guerra Fredda, della Nato e del Patto di Varsavia. La Raf aveva l’esigenza di mantenere operativi i propri equipaggi di volo per le operazioni di aviolancio. L’autunno in Gran Bretagna non aveva il meteo favorevole per i lanci. Così la proposta ai nostri Stati Maggiori dell’Esercito e dell’Aeronautica di compiere un periodo di addestramento su territorio italiano. Una manna per quelli della Folgore, vista la cronica carenza di ore di volo. Lo ricorda anche l’arzignanese Franco Dal Maso. Doveva essere nel contingente che avrebbe preso il volo il giorno successivo «invece la disgrazia fece sospendere l’esercitazione. Ricordo che quando sapemmo della possibilità di fare 3 lanci sulla Sardegna e 5 sulla Sicilia fummo colti tutti da entusiasmo. Avevamo appena ultimato l’addestramento di base alla scuola militare di paracadutismo, conseguendo l’abilitazione al lancio, non vedevamo l’ora di mettere in pratica tutto. Nessuno pensava neppure lontanamente a quello che sarebbe successo». L’operazione, denominata “Cold Stream” (corrente fredda, tragicamente profetica), cominciò alle 4.55 di un lunedì apparentemente come tanti. Il primo ad alzarsi fu un Hawker Siddeley Andover, seguito da 7 (dovevano essere 9) C 130 Hercules. Ognuno aveva sulla carlinga un numero scritto con un gessetto bianco. Su “Gesso 2” viaggiava il generale Ferruccio Brandi, comandante della “Folgore”. Partirono a distanza di 15 secondi l’uno dall’altro, ma pochi minuti dopo il decollo “Gesso 5″ vide una fiammata. Il tenente collonnello Scott, comandante della formazione, stabilì un contatto con tutti. O quasi: «”Gesso 4” non risponde». Con il suo “Gesso 8” tornò indietro, verso il luogo presunto del disastro.

RICERCHE. Sul posto, bassi fondali sabbiosi e scogli affioranti, circa 7 chilometri a ovest del faro del porto di Livorno, arrivarono diverse navi, anche di Sua Maestà, per le ricerche. Fu il dragamine “Ontano” a individuare il relitto a 50 metri di profondità. Le ricerche si protrassero fino al febbraio dell’anno successivo restituendo i corpi di 35 parà e 3 aviatori, identificati grazie alle matricole dei paracaduti e delle armi. Ma 11 di loro non hanno avuto sepoltura. Chissà che un giorno il Tirreno non li restituisca. E faccia tornare finalmente a casa quei ragazzi.

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