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Pubblicato il 03/12/2020

CAPITANO PARACADUTISTA AMMALATO DA URANIO IMPOVERITO: IL TRIBUNALE ORDINA IL RISARCIMENTO

Il Gazzettino Belluno
data: 1/12/2020 – pag: 11

Respirò uranio impoverito «L’ex militare va risarcito»

Il Consiglio di Stato: «La Difesa doveva sapere cosa contenevano le armi Nato»
LA SENTENZA
VENEZIA L’ex paracadutista dev’essere risarcito con 225.711,44 euro, per il linfoma di cui si ammalò a causa dell’uranio impoverito e degli altri contaminanti respirati nelle missioni di pace in Somalia e in Bosnia. L’ha deciso il Consiglio di Stato, respingendo l’appello del ministero della Difesa contro la sentenza emessa dal Tar del Veneto nel 2018, che aveva riconosciuto un’invalidità del 30% al capitano oggi in congedo.Oltre a sancire il nesso causale tra le sostanze inalate e la patologia contratta, i giudici hanno stabilito non solo che l’Esercito non dotò il giovane dei necessari dispositivi di protezione individuale e non lo informò sui rischi presenti in quelle aree, ma pure che il ministero non può trincerarsi dietro la presunta inconsapevolezza circa la pericolosità delle armi utilizzate: «Stante la pluridecennale partecipazione italiana alla Nato, alleanza organica ed integrata di carattere militare, è del tutto ragionevole presumere che i massimi vertici dell’Amministrazione della difesa ben conoscessero la tipologia di armamento anti-carro in dotazione agli Alleati».
IN PRIMA LINEA
Come si legge nel verdetto pubblicato ieri, il parà «operava fisicamente sul terreno, nell’ambito di un Reparto di prima linea», quando comandò un plotone in Somalia (dal 28 agosto al 31 ottobre 1993) e una compagnia in Bosnia (dal 20 maggio al 2 dicembre 1999). In quelle situazioni, premette il Consiglio di Stato, «il militare ha il dovere di esporsi al rischio bellico (sempre latente in tali contesti), ma l’Amministrazione ha il dovere di circoscrivere al massimo, in un’ottica di precauzione, i diversi ed ulteriori rischi concretamente prevedibili (in quanto non implausibili) ed oggettivamente prevenibili». Nel corso della causa, il ministero ha sostenuto di ignorare «tuttora l’uso di munizionamento Du (Depleted uranium, uranio impoverito, ndr.) in Somalia» e di averne appreso l’utilizzo «in Bosnia solo nel 2000, a seguito di espressa richiesta agli Alleati della Nato».
DOVERE ISTITUZIONALE
Al di là del fatto che «finché non si chiede, non si avranno risposte», secondo i giudici «era onere», o più correttamente «dovere istituzionale» dell’amministrazione, «prima del materiale invio degli uomini in missione, accertarsi presso le parallele strutture della difesa degli Alleati della Nato, fra l’altro, circa il tipo di munizionamento utilizzato durante i pregressi eventi bellici, al fine di individuare l’equipaggiamento più opportuno e predisporre le migliori procedure per l’assolvimento della missione ordinata dalle massime Autorità dello Stato». Infatti «il carattere doveroso dell’invio di uomini», in base alle «imperative deliberazioni degli Organi costituzionali della Repubblica», non cancellava «il conseguente e parallelo dovere dell’Amministrazione di individuare le più opportune modalità tecnico-operative per svolgere il compito affidato. Tutto questo affinché il pieno assolvimento della missione», conseguenza «del carattere sacro della difesa della Patria», non lesionasse «il diritto dei cittadini-soldati a non essere sottoposti a rischi diversi ed ulteriori» rispetto a quelli che tenuti per legge ad affrontare».
NEI TEATRI
In sostanza la Difesa non poteva non sapere che «nell’ex Jugoslavia era stata condotta una campagna di bombardamenti con uso anche di munizionamento pesante», con conseguente presenza «di un potenziale e non implausibile rischio chimico/radiologico da inalazione/ingestione umana di particelle finissime di metalli pesanti, rimaste sospese nell’aria a seguito di esplosioni di obiettivi» colpiti da proiettili all’uranio impoverito. «Quanto alla Somalia aggiungono i giudici le apposite linee guida elaborate dalle Forze Armate statunitensi all’indomani dell’operazione Onu Restore Hope dimostrano, sia pure indirettamente, il verosimile uso di munizionamento Du anche nel teatro africano». Finora all’ex paracadutista sono stati liquidati 57.893,44 euro: ora dovranno essergli versati anche gli altri 167.818.
Angela Pederiva

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