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Pubblicato il 09/03/2017

CASSAZIONE: IL SALUTO ROMANO NON E’ REATO

“l’espressione del pensiero e dell’ideologia fascista” è vietata solo “se può determinare il pericolo di ricostruzione di organizzazioni fasciste”.

ROMA- La Cassazione ha dichiarato non perseguibile chi usa il saluto romano: il gesto -scrive nelle motivazioni- non è di per sé sufficiente per ipotizzare desideri di ritorno al Partito Fascista. Sette persone erano accusate di avere messo in pratica “manifestazioni fasciste” vietate in occasione di un evento a Milano. I fatti risalgono al 29 aprile 2014 quando fu organizzata una “commemorazione di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi- Dn, di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, e di Carlo Borsani, militante della Repubblica Sociale Italiana”. Durante la commemorazione alcuni manifestanti avevano riproposto il saluto romano e la chiamata del presente e dopo fu contestato dalla Procura il reato di “manifestazioni fasciste”.
Il Gup fece cadere le accuse , sottolineando il “carattere della manifestazione, centrata sul ricordo dei tre defunti, tutti storicamente vittime di una violenta lotta politica” ed evidenziando che “le manifestazioni di carattere fascista sono state finalizzate alla commemorazione”, quindi non ci sarebbe stata alcuna ipotesi di “restaurazione del regime fascista”. Il saluto romano fatto da alcuni manifestanti dunque, secondo il Gup, non sarebbe stato tale da “suggestionare i partecipanti inducendo in loro sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del Partito Fascista”. Questa valutazione è stata poi condivisa dalla Cassazione: i giudici hanno sentenziato che “l’espressione del pensiero e dell’ideologia fascisti” è vietata solo “se può determinare il pericolo di ricostruzione di organizzazioni fasciste”. In quel caso l’utilizzo del saluto romano, così come di altri riti, è stato rivolto ai defunti oggetto della commemorazione senza avere “alcuna finalità di restaurazione fascista”.

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