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Pubblicato il 13/04/2015

IL TESORO DEI VINTI: L’ORO DI DONGO NELLE MANI DEL PARTITO COMUNISTA?

PARMA- Leggendo la ricostruzione storica che fa Gianni Oliva** nel suo libro “Il tesoro dei vinti” , si ha la sensazione che sia attendibile e documentata. Si tratta di una nuova versione della storia delle ultime ore di Mussolini e di cosa accadde alle ingenti quantità di preziosi sequestrati dai partigiani al Duce e a quanti condivisero la sua fine.
Per raccontare questa storia Oliva è andato a rileggere le carte del processo che dodici anni dopo i fatti venne istruito dalla Corte d’Assise di Padova, processo interrotto dopo quaranta audienze per il suicidio di uno dei giudici popolari e mai più ripreso.
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Buona parte dell’oro di Dongo finì in mani private, ma una parte altrettanto consistente del tesoro transitò nelle casse della federazione comunista di Como, prima di essere trasferito a Milano, dove potrebbe essere «stato impiegato per le necessità finanziarie legate alla liquidazione dei partigiani garibaldini dopo la smobilitazione delle formazioni; oppure può essere stato trasferito alla sede nazionale del partito e utilizzato per esigenze organizzative varie, dall’acquisizione di stabili al pagamento di funzionari». Di certo non si è mai saputo con certezza dove siano finiti i valori sequestrati a Mussolini, ai suoi gerarchi e a quanti lo accompagnavano nel suo ultimo tentativo di fuga nell’aprile del ’45. A quanto ammontava il tesoro di Dongo? Ci sono varie ipotesi, ma la più accreditata propende per una valore di 66.259.590 dollari, pari a otto miliardi di lire dell’epoca, suddiviso in contanti, rottami d’oro, gioielli, assegni, valuta straniera, insomma di tutto. Della sparizione – e spartizione – di quel tesoro si parlò e si indagò, e molto, da subito.

Il processo lasciato in sospeso ha lasciato anche a piede libero i responsabili degli omicidi che hanno fatto da contorno alla vicenda del tesoro: la morte del “capitano Neri” e della sua compagna “Gianna”, un’amica di quest’ultima, Anna Maria Bianchi, e il partigiano Giuseppe Frangi, “Lino”, uno dei carcerieri di Mussolini. Tutti testimoni scomodi di qualcosa che non si doveva sapere.

**Giornalista, storico e politico esperto di guerre mondiali Gianni Oliva è storico, politico e giornalista. La sua produzione saggistica in genere si occupa degli eventi italiani durante la seconda guerra mondiale, affrontando aspetti spesso poco indagati dalla storiografia ufficiale. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo “Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria” (Mondadori), “Primavera 1945. Il sangue della guerra civile” (Giunti), “Un regno che è stato grande. La storia negata dei Borboni di Napoli e Sicilia” (Mondadori), “Storia di Torino dalle origini ai giorni nostri(Biblioteca dell’Immagine), “Fra i Dannati della Terra. Storia della Legione Straniera” (Mondadori).

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