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Pubblicato il 29/06/2014

INCURSORI IN CONGEDO e IN SERVIZIO, FNAI E ANPDI RICORDANO L’EROISMO DEGLI ARDITI DEL COL MOSCHIN

COL MOSCHIN (Vi)- La meteo inclemente non ha impedito ad un nutrito gruppo di paracadutitsi dell’Anpdi, con numerosi labari, di affiancare quallo della FNAI di Trieste portato da Mssimiliano Ursini e le autorità civili, il Nono Reggimento Col Moschin e Anie ( incursori in congedo,ndr) nell’omaggio che ogni anno viene tributato agli Arditi che, nella prima guerra mondiale, combatterono a colpi di pugnale e bombe a mano riconquistando terreno finito nelle mani degli austriaci, iniziando la riscossa dopo Caporetto.

Davanti al tricolore, hanno reso omaggio ai Caduti il consigliere regionale dottoressa Elena Donazzon ,il sindaco di Solagna, il generale Angioni, Il comandante del Nono Reggimento e il presidente dell’ANIE, Angelo Passafiume.

IMPRESA LEGGENDARIA DEL IX REGGIMENTO ARDITI

La Primavera del 1918 stava finendo e l’approssimarsi dell’Estate avrebbe portato con sé un ulteriore estremo tentativo da parte delle armate austrungariche di sfondare le difese italiane sul massiccio del Grappa per penetrare nelle valli del Brenta e del Piave e quindi aggirare lo schieramento italiano che correva lungo quest’ultimo fiume.

Il piano delle operazioni austriaco prevedeva l’aggiramento della Cima Grappa, posta al centro del massiccio, puntando a sfondare alle estremità occidentale ed orientale del massiccio, più vicine ai due fiumi.

L’attacco sarebbe stato condotto dalla XI armata comandata dal generale Scheuschenstuel, rinforzata da altre truppe e da artiglieria.
Alle ore 3 del 15 giugno incominciò un pesante bombardamento, subito seguito dalla risposta italiana che fu particolarmente efficace sul lato orientale dell’attacco austriaco, che ne risultò indebolito.

Alle 8 del mattino cominciò l’assalto di fanteria e i maggiori successi, visti gli esiti della risposta dell’artiglieria italiana, si ebbero sul versante occidentale del massiccio.

Le cime che costituivano i capisaldi lungo la riva del Brenta, caddero una dopo l’altra, comprese le fortificazioni che sorgevano sul Col Moschin, e le cime circonvicine: il Col del Miglio, il Col Fenilon e il Col Fagheron.

Il dispositivo difensivo italiano era in gravissima crisi e in pratica gli austriaci avevano guadagnato l’accesso alla pianura veneta.

La condizione necessaria per il successo era rinnovare l’attacco per sfondare definitivamente le linee italiane.

Gli austriaci, però, avevano ormai speso tutte le risorse che avevano a disposizione e la reazione italiana anticipò quella dell’avversario.

Un violento tiro di artiglieria si riversò immediatamente sulle posizioni appena conquistate dagli austriaci, tempestandone i difensori e soprattutto impedendo che fossero raggiunti da rincalzi.

La controffensiva italiana fu altrettanto rapida: già nel primo pomeriggio il IX reparto d’assalto (poco più di 600 uomini), allertato alle prime avvisaglie di attacco austriaco, aveva riconquistato il Col Fagheron, e alle 22 aveva ripreso anche il Col Fenilon, con il sostegno di due battaglioni del 91o reggimento di fanteria.

Rimaneva solo la posizione più importante, il Col Moschin, che il IX assalì all’alba del 16 giugno strappandolo agli austriaci in 10 minuti, riportando la cattura di 300 prigionieri, tra i quali 17 ufficiali, e 25 mitragliatrici.

In 24 ore l’attacco austriaco era stato sconfitto, e a celebrazione dell’episodio, la città di Roma edificò un monumento sul Col Moschin con un’antica colonna romana.

Pochi giorni dopo, il 24 giugno, il IX venne impiegato per riconquistare un altro caposaldo occupato dagli austriaci sull’Asolone. La sua riconquista costò al IX un enorme contributo di sangue-
In poche ore il IX perse quasi il 50% degli effettivi (19 ufficiali e 305 arditi) .

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