Pubblicato il 15/03/2014
INDIA: VIOLENTANO UNA SUORA CRISTIANA. IL TRIBUNALE PRONUNCIA UNA SENTENZA FARSA
STEFANO VECCHIA
Tre condannati e sei assolti per lo stupro di una suora cattolica durante la campagna di violenze anti-cristiane da parte degli estremisti indù che, nell’agosto 2008, devastò lo Stato orientale di Orissa e in particolare il distretto di Kandhamal. I giudici del tribunale distrettuale di Cuttack-Bhubaneshwar, capitale della regione, hanno respinto le obiezioni della difesa, deliberando la colpevolezza ma rinviando la determinazione delle pene. Suor Meena Barwa fu aggredita e violentata, costretta a sfilare seminuda per le strade dai suoi aguzzini. La religiosa ha perdonato da tempo i suoi violentatori ma ha non si stanca di chiedere giustizia, per evitare che quella furia di violenza priva di logica si possa ripetere in futuro. Lo stupro della suora, il 25 agosto 2008, fu uno degli episodi più odiosi della persecuzione, sia per il ruolo di suor Meena, sia per la sua attività nel centro pastorale di Sambalpur. La religiosa, oggi 32enne, aveva anche rischiato di essere bruciata viva insieme al sacerdote Thomas Chellan, prima di essere presa in custodia dalla polizia dopo una giornata di violenze.La sua deposizione, tuttavia, non venne inizialmente raccolta. Anzi, le fu perfino chiesto “con insistenza” di non sporgere denuncia. I cristiani dell’India hanno accolto con delusione e preoccupazione la sentenza di ieri, non solo perché nega una giustizia necessaria alla vittima, ma perché arriva a confermare una situazione di incertezza del diritto e di sostanziale disinteresse di inquirenti e giudici per la sorte di chi ha subito la persecuzione. Dal 23 agosto 2008, quando un commando maoista uccise il leader estremista indù Laxmanananda Saraswati nel distretto del Kandhamal, per diverse settimane i cristiani, in buona parte della “casta degli intoccabili”, furono oggetto di una caccia pianificata, che portò alla morte di un centinaio di persone e a migliaia di feriti.
La distruzione di 5.600 abitazioni e 296 chiese, lo svuotamento coatto di centinaia di villaggi costrinsero alla fuga almeno 50mila uomini, donne e bambini, solo in parte rientrati. A fronte di questa tragedia e delle 3.232 denunce presentate dai cristiani, gli inquirenti ne hanno accolte 1.541 e di queste soltanto 828 sono arrivate a una qualche forma di giudizio. Le condanne, in genere lievi, sono appena una novantina. Per questo – come riporta l’agenzia Fides – il Consiglio globale dei cristiani indiani parla di «parodia della giustizia». In particolare per la sentenza di ieri dato che – ricorda Sajan K. George, presidente del raggruppamento di impegno sociale – mostra l’insensibilità dei giudici verso un crimine orrendo. «Il verdetto certifica il fallimento della giustizia a tutti i livelli – ha detto George –: di documentazione, di indagine, di perseguimento dei casi. La complicità della polizia con gli autori del reato indica un pregiudizio istituzionale anti-cristiano».
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