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Pubblicato il 12/04/2016

MARINA MILITARE: LE INTERCETTAZIONI DEL CAPO DI STATO MAGGIORE. NAVI PRONTE PER LA PROTEZIONE CIVILE


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I TORMENTI DELL’ESECUTIVO

Gli amici della cricca anche nella Corte dei conti

Le mire dell’ammiraglio De Giorgi sul porto di Napoli

di Augusto Parboni

Dai ministri ai parlamentari. Passando per i magistrati. Nella maxi inchiesta della procura di Potenza sul petrolio e le navi, la «cricca» avrebbe tentato di avvicinare anche i giudici della Corte dei conti chiamati a dare il via libera al maxi appalto a Fincantieri per il rimodernamento della flotta navale. A definire i magistrati contabili suoi «amici», è il capo di Stato Maggiore Giuseppe De Giorgi, indagato per abuso d’ufficio. Le conversazioni intercettate dagli uomini della Squadra mobile sull’utenza dell’ammiraglio «vertono sulle commesse alla Fincantieri (in virtù degli stanziamenti previsti dalla cosiddetta Legge navale) e sulla necessità poi di organizzare degli incontri anche con parlamentari, principalmente, in vista di alcune decisioni che andranno assunte in seno al Parlamento e che interesserebbero pure la Marina militare», si legge nelle carte degli inquirenti lucani. L’ammiraglio, infatti, in una telefonata del 5 maggio 2015 parla con un tale Alberto della Fincantieri. «I due conversano sulle procedure da effettuare prima di dare inizio alla commessa – spiegano gli investigatori che da quasi due anni ascoltano la “cricca” – De Giorgi assicurava ad Alberto che l’attivazione alla Corte dei conti sarebbe arrivata in tempi brevissimi in quanto lì avevano degli “amici” che glielo avevano già assicurato». In effetti, la Corte dei conti in quei mesi era stata chiamata ad autorizzare la stipula dei contratti e gli impegni formali di spesa dell’Amministrazione della Difesa. D’altronde l’influenza di De Giorgi, è «apprezzata» anche da Nicola Colicchi, l’uomo considerato nell’inchiesta un lobbista in grado di muoversi negli uffici di tutti i palazzi del potere. In una conversazione tra i due del 15 maggio 2015, Colicchi scherza con all’ammiraglio: «Nessuno dice che sei tirannicciuto, dicono che sei troppo ingombrante…».

Il ruolo di De Giorgi si lega anche a un altro filone dell’indagine lucana che punta al porto di Napoli. Tutti elementi ancora secretati dai pm. Nelle nuove carte infatti sono ricostruite le mire della cricca, e in particolare di 4 soggetti già nel mirino degli inquirenti. Già in una conversazione del 4 maggio 2015 tra Colicchi e Enrico Vignola (della Marina Militare) «discutevano quale strategia politico-operativa intraprendere per attivare una forma di convenzione tra le autorità portuali e la Marina, in relazione a tutta una serie di attività, tipo lo sminamento del porto di Napoli. Vignola chiedeva a Colicchi se il “capo” (De Giorgi, ndr) ne fosse già al corrente. Colicchi rispondeva che in più occasioni lo stesso si era mostrato interessato alla cosa», annotano gli investigatori. A dimostrazione di ciò, sempre a maggio 2015, l’intenzione del capo di Stato Maggiore di portare una nave cacciamine a Napoli, nell’ambito del suo progetto di dislocare le imbarcazioni dai tre porti militari italiani a quelli civili. Alla base di questa scelta ci sarebbe stata quella di tenerle pronte per un loro utilizzo in caso di un’emergenza della Protezione civile, come l’eventuale eruzione del Vesuvio.

Intanto l’attività giudiziaria della Procura prosegue. Stamattina al via l’udienza del Riesame per discutere la posizione di due indagati: Giambattista Genovese, dell’ex vicesindaco del comune lucano di Corleto Perticara e Salvatore Lambiase, dell’ex dirigente della Regione Basilicata. Mentre venerdì sarà il turno dell’ex sindaco dove si trova il centro oli Tempa Rossa, ai domiciliari da 13 giorni. Nello stesso giorno si presenterà in procura l’ammiraglio De Giorgi, che ha chiesto di chiarire la sua posizione.

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