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Pubblicato il 03/06/2019

MELORIA: LO STATO CHIEDE INDIETRO I RISARCIMENTI AI FAMILIARI DEL CAPORALMAGGIORE PARACADUTISTA GIUSEPPE IANNI’

La Cassazione ha deciso che i familiari del paracadutista Giuseppe Iannì, morto alla meloria, nella pancia di “gesso 4” devono restituire quanto erogato in seguito alla morte del loro congiunto..
Le sorelle, Caterina, Melina e Giusy, hanno chiesto i benefici che spettano ai familiari delle “vittime del dovere”. Benefici riconosciuti al termine di una lunga causa civile contro il ministero della Difesa. La Cassazione, però, ha deciso che devono restituire quanto percepito dopo l’ottenimento. Nel luglio 2018, infatti, la Suprema Corte ha revocato il diritto all’assistenza psicologica delle sorelle, “in quanto familiari non conviventi o a carico”. “Ma non è vero. – si sfoga Caterina – Questa sentenza dice una cosa sbagliata. Lo vedi il certificato storico della mia famiglia? Nel 1971 vivevamo assieme. Forse il documento andava depositato nel processo, ma il dato è quello e non si può discutere”.
Caterina Iannì aveva 13 anni quando suo fratello è morto a seguito dell’inabissamento del C130 a bordo del quale stava volando verso la Sardegna per un lancio e per condurre la esercitazione “COLD STREAM” .

La scatola nera del velivolo non è mai stata recuperata. In un primo momento si è parlato di incidente: hanno accusato addirittura i piloti inglesi di essere stati ubriachi (circostanza poi smentita). Ma anche di una forte esplosione in cielo.
I corpi degli sfortunati Paracadutisti e degli aviatori inglesi sono stati recuperati dopo giorni di ricerche disperate in cui perse la vita pure un sabotatore , il sergente maggiore Giannino Caria. Undici paracadutisti non sono mai stati trovati. Gli altri corpi furono riconosciuti dalla piastrina. Anche quello del caporale Iannì.

Per gli avvocati Giuseppe Guerrasio e Giosué Domenico Megna, infatti, siamo di fronte a “un’evidente situazione di iniquità e diseguaglianza, rispetto ai familiari degli altri paracadutisti”. Oltre al danno la beffa: molti di quei militari oggi sono stati inseriti nell’elenco delle “vittime del dovere”. Non Giuseppe Iannì che compare solo come “vittima del dovere equiparata”. “È inaccettabile. Devono togliere la scritta ‘equiparato’ di lato al nome di mio fratello che ha avuto pure i funerali di Stato. Io la chiamo ‘schizofrenia del ministero della Difesa’”. Dieci giorni fa le sorelle Iannì sono state negli uffici del ministro Elisabetta Trenta. “Abbiamo parlato con la consigliera del ministro. Ci ha detto che adesso studieranno il caso e ci faranno sapere”. Un’attesa che sta snervando Caterina: “Se non vedrò mio fratello inserito a pieno titolo nell’elenco delle vittime del dovere, libererò il loculo, provvederò diversamente alle spoglie di Giuseppe e restituirò tutto allo Stato: quella bara pagata 48 anni fa dal ministero della Difesa e lo stesso farò con la bandiera italiana in cui è avvolta. Il tutto sarà restituito alle persone che dovrebbero fare qualcosa. A partire dal presidente della Repubblica, dai ministri della Difesa e dell’Interno, dai prefetti di Livorno e di Reggio Calabria”.

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