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Pubblicato il 06/04/2017

PAOLO NESPOLI A PAVIA. PARTIRA’ PER LA TERZA VOLTA IN MISSIONE SPAZIALE

La Provincia Pavese ed.
sezione: CULTURA-SPETTACOLI data: 6/4/2017 – pag: 58

intervista all’astronauta

Il conto alla rovescia di Nespoli
«A 60 anni torno nello spazio»

Oggi conferenza e compleanno in università, da luglio sei mesi in orbita
Collauderà lo “scudo” messo a punto dai ricercatori della facoltà di Fisica

PAVIA – Mentre il conto alla rovescia per tornare nello spazio continua, Paolo Nespoli fa tappa a Pavia. L’astronauta dell’Agenzia spaziale europea, che da luglio rimarrà per sei mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale (per lui la terza esperienza in orbita terrestre), è stato invitato dall’università pavese a tenere un incontro motivazionale rivolto ai giovani oggi alle 15.30 nell’aula del ‘400.Nespoli, come procedono i preparativi?«Sono in fase finale di addestramento e non mi fermo mai. Sto riaffinando e ripassando tutte le nozioni acquisite nei mesi e anni passati per poter lavorare al meglio sulla Stazione spaziale. Adesso, la mia base è ufficialmente la Nasa di Houston, negli Stati Uniti, ma viaggio molto e sto magari due settimane in Giappone, due in Europa, una in Russia. Siccome la stazione è composta da elementi costruiti un po’ in tutto il mondo, io faccio la trottola per saperne gestire ciascuno. Inoltre, sono impegnato in una serie di visite mediche e controlli, oltre che nello studio degli esperimenti che dovrò fare una volta in orbita, per conto dell’Agenzia spaziale italiana».Tra questi c’è Perseo, il giubbotto ad acqua dell’università di Pavia che difende dalle radiazioni cosmiche.«Sì ed è interessante perché cerca di dare una soluzione ad un problema che ci creerà grossi limiti quando vorremo andare su Marte o intraprendere i viaggi stellari. Le radiazioni ci impediscono di muoverci liberamente nello spazio e forse questa corazza d’acqua portatile è la risposta che stavamo cercando». Oggi è il suo compleanno: i 60 anni non la spaventano per un viaggio oltre i confini terrestri?«No, per niente. Andare nello spazio non richiede un coinvolgimento fisico particolare. Basta essere una persona normale abbastanza in forma, nemmeno smagliante. Come chi lavora in ufficio e va in palestra un paio di volte la settimana. Io, poi, non sono neanche un patito dello sport e ho sempre da fare 500mila cose, quindi mi capita di relegare l’allenamento a seconda priorità».C’è qualcosa che la preoccupa della spedizione? «Certo, però non come pensa la maggior parte della gente, dell’isolamento dal mondo e del pericolo. Se devo essere sincero a volte mi viene l’ansia, perché divento improvvisamente cosciente di essere un essere umano e quindi per definizione fallibile. Temo gli errori e di combinare guai, di fare qualcosa che inavvertitamente possa creare una situazione difficile e complessa. Il mio incubo è venire nominato negli annali degli astronauti come colui che ha buttato giù la Stazione spaziale internazionale».Lei si aspettava di arrivare dove è ora?

«Mah, in un certo senso sì. Io da bambino volevo fare l’astronauta, ero incosciente e lo credevo possibile. Sono cresciuto nel periodo delle missioni sulla Luna e queste mi suscitavano un fascino irresistibile. Ho avuto tanta tenacia, sono stato critico con me stesso e attento a non ripetere gli errori. Ero sicuro di farcela, anche se col senno di poi ho compreso quanto le mie possibilità fossero poche. Eppure ce l’ho fatta». Ha iniziato negli anni Ottanta nelle Forze speciali italiane, come incursore paracadutista presso il nono Reggimento Col Moschin. Le manca mai quella vita? «Io sono arrivato nell’esercito quasi per caso, costretto, non era dove volevo arrivare. Così, appena ho acquisito consapevolezza di quello che potevo e sapevo fare, delle mie capacità, quando mi sono svezzato dall’idea da bambino di fare il militare, ho deciso di prendere in mano il mio futuro e condurlo secondo il mio desiderio. Molte volte le cose non sono andate come mi sarebbe piaciuto, ma non ho mai desistito. E quello che sono oggi di sicuro dipende anche da esperienze non volute, inclusa quella dell’esercito, che mi sono servite per acquisire capacità e abilità fondamentali»

.Adesso cosa si aspetta dalla prossima missione?«Non parto con nessun’altra aspettativa se non di essere il migliore astronauta che possa essere. Il mio scopo è fare il mio lavoro come si deve. Certo, mi troverò in un luogo bellissimo e strano; sicuramente attendo con ansia di rivivere la sensazione di “volare” in assenza di gravità o la possibilità di vedere la Terra da lassù. Tuttavia sarò lì per lavorare e tornare con portate a compimento le attività assegnatemi per gli esperimenti». Di solito cosa prova quando torna?«Per me è sempre il momento peggiore. Sono fortunato perché non soffro il mal di spazio e l’abbandono della gravità all’andata che in genere causano problemi. Chissà, forse ero un extraterrestre in un’altra vita. Però il rientro lo trovo terribile. Quando con la navicella inizio a sentire la forza di gravità, mi sembra di avere un elefante seduto in braccio, il mio cervello non capisce più niente e mi viene la nausea. Ci metto qualche giorno a riprendere a camminare, un po’ da ubriaco, due settimane per camminare decentemente, tre per correre e un mese per riavere la circolazione periferica normale. Ma ora è presto per pensarci».Gaia Curci

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