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Pubblicato il 27/10/2020

PAOLO NESPOLI AL CORRIERE DELLA SERA : LA VITA NELL’ESERCITO ERA OTTUSA E VESSATORIA

Nota del direttore di congedatifolgore.com: l’articolo di oggi del corriere della sera che parla di Nespoli ci sorprende e ci fa riflettere.

CORRIERE DELLA SERA del 27 Ottobre 2020

Vita, imprese (e gaffe) di AstroPaolo

Nespoli, dal 38 alla maturità fino alla Nasa. «Sullo Space Shuttle schiacciai per errore il pulsante rosso d’emergenza. Ma finì bene»
di Riccardo Bruno

Sul joystick che pilotava lo Space Shuttle c’era un pulsante rosso. Andava usato in casi di estrema urgenza, quando tutti i tentativi erano falliti. Praticamente non andava mai premuto. «Naturalmente io l’ho schiacciato, accidentalmente ma l’ho schiacciato». Per fortuna era una simulazione, ma l’aspirante astronauta Paolo Nespoli poteva pagarla cara. Anche la carriera di un extraterrestre, tre viaggi in orbita, 313 giorni nello Spazio, è segnata da intoppi, momenti complicati e qualche errore. Una vita che AstroPaolo, 63 anni, ricostruisce nel suo ultimo libro Farsi spazio (Roi Edizioni, in libreria da domani). Un racconto sincero su come è riuscito a essere fedele alla risposta che diede a 12 anni. «Che cosa farò da grande? L’astronauta».

Anche se non sempre il buongiorno si vede dal mattino. L’uscita dal liceo scientifico non è brillantissima. Durante l’esame si mette a battibeccare con il presidente della commissione. Voto finale: 38 su 60. «Ero un diplomato “scarso”. Due punti soltanto sopra il minimo che mi concesse non mancando di chiosare che quel voto mi avrebbe penalizzato per tutta la vita e insegnato a trattare con il potere costituito».

Parte come militare di leva, diventa istruttore paracadutista, poi incursore nelle Forze speciali, sminatore in Libano. Periodo di formazione, ma non un mondo ideale. «All’epoca, fine anni Settanta — ricorda — le prevaricazioni dei nonni sulle reclute erano ben lontane dall’essere non dico debellate, ma anche solo biasimate». E ancora, a proposito dei corsi a Torino e a Cesano: «Nove mesi che mi regalarono un ulteriore assaggio, se mai ne avessi avuto bisogno, di quanto ottusa, vessatoria e distaccata dalla realtà potesse essera la vita nell’esercito di allora».

È però anche l’occasione per incontri straordinari, come quello, proprio in Libano, con Oriana Fallaci, di cui da ragazzino aveva letto il libro sugli astronauti americani, la quale lo spinge a non abbandonare il suo sogno da bambino. Così, con i soldi messi da parte, si mette in aspettativa. Va a New York, impara l’inglese e si laurea in Ingegneria aerospaziale. E grazie a un collega di corso ha un aggancio per entrare alla Nasa.

Arrivato? Quando mai. Passa le giornate a leggere l’interminabile manuale d’uso dello Shuttle. «Le ore procedevano monotone nella stanza senza finestre. Ero uno straniero senza amici». Per distrarsi riprende a lanciarsi con il paracadute. Finché una domenica il paracadute non si apre, solo prima dello schianto riesce ad azionare quello d’emergenza. La sera cerca di scacciare lo spavento in un pub e incontra Troy, ingegnere che lavora nel «Pirate lab» della Nasa. È la svolta. Come spesso capita, sono gli incontri fortuiti a cambiare le storie.

Nespoli è oggi uno dei simboli della conquista dello Spazio, tornato per la terza volta in missione a 60 anni. Oggi fa il consulente e tiene conferenze per trasmettere anche gli altri quello che ha imparato sulla sua pelle. Che ci vuole passione e ostinazione: «Compiere imprese ritenute fuori dall’ordinario è sempre questione di preparazione». Che vista dall’alto la Terra non ha confini. Che qualunque cammino è disseminato di ostacoli e di persone di cui fidarsi poco. Come il collega astronauta che, temendo che gli rubasse il posto sulla Soyuz, lo fece allontanare. Lui protestò con i vertici, ma fu inutile. Anche quella divenne una lezione. Determinato a raggiungere la Stazione spaziale, imparò ad essere meno intransigente. «Ero disposto a riconsiderare il concetto di flessibilità. Piccole gentilezze, concessioni tutto sommato inoffensive. Rigoroso ma non rigido. Diligente, ma non ingenuo».

Perché non sempre gli errori sono un male. Come quella volta del pulsante rosso dello Shuttle. Il sistema raccolse l’impulso ma lo mise in coda e lo eseguì dopo. Una falla nell’apparato che da allora venne corretta. «Sì, ero stato io a fare pasticci mentre ero sovrappensiero, ma la Nasa non mi penalizzò per questo, anzi mi ringraziò».

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