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Pubblicato il 24/06/2019

RASSEGNA STAMPA: CORRIERE E ANSA RACCONTANO DELLA FOLGORE E DELLE FORZE SPECIALI

 

foto sopra: archivio del giornale- lancio Swift response 2019 a Boboc in Romania  

PARMA- Due esercitazioni complesse , una delle quali internazionale appena finita ed una seconda   nazionale che inizia oggi,  sono state seguite rispettivamente  dal Corriere della Sera ( vedere sotto l’articolo)    e dall’ANSA.

Nel caso della esercitazione che inizia oggi e che durerà 15 giorni, della quale non siamo ancora autorizzati a parlare, un cronista già ufficiale della riserva selezionata, sarà aggregato agli operatori sul terreno. La prima   era la Swift Response 2019, che si è svolta tra Romania e Bulgaria con una compagnia di formazione della Folgore ottenuta con squadre e plotoni dei vari reggimenti , il Corriere della Sera produrrà uno “speciale” a firma di un loro giornalista di punta.

I racconti fatti da giornalisti di rango delle attività operative delle eccellenze delle Forze Armate italiane, non potranno che rafforzare la stima nei cittadini e

CORRIERE DELLA SERA  DEL 24 GIUGNO 2019 

Manovre Nato dal Baltico ai Balcani Con i parà italiani in prima linea

I soldati hanno preparato il terreno per le forze Usa. Insieme all’Aeronautica c’è l’obiettivo di aumentare le capacità di intervento. Intanto i russi rispondono con mosse analoghe

di Guido Olimpio, da Asenovgrad (Bulgaria)

 

Aviolancio in condizioni difficili, conquista di un’area, successivo balzo in territorio «ostile». I parà della Folgore, agendo in simbiosi con la 46esima Aerobrigata dall’Aeronautica militare, hanno partecipato ad una complessa esercitazione in Bulgaria e Romania, la Swift Response 2019. La continuazione della missione iniziata tra Slovenia e Croazia. Uno sforzo importante in stretto coordinamento con Usa, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Canada, Spagna. Oltre 5 mila uomini, parte del grande duello – senza spararsi – con Mosca, dal Baltico ai Balcani, fino al Mar Nero.

L’inserimento in area ostile

Da tempo il Pentagono ha deciso di affidare agli esploratori paracadutisti italiani un compito importante. Sono loro a infiltrarsi, in piccoli gruppi, in un settore preciso per poi preparare l’arrivo del «grosso», il contingente alleato. Creano punti d’osservazione, studiano le mosse del nemico, garantiscono i primi report immergendosi letteralmente in boschi e campagne. In alcune occasioni – come qui a Asenovgrad, a sud di Plovdiv – ono entrati in contatto con un nucleo della Delta Force, presente da giorni per condurre le ricognizioni. Le manovre, ripetute nel corso dell’anno, rappresentano la nascita di una «Airborne community» dove le forze di diversi paesi agiscono insieme. La Folgore si è lanciata da un C 130 italiano ma anche da C17 statunitense. Per gli Usa i nostri militari offrono caratteristiche specifiche di esperienza che li hanno trasformati in una prima scelta. Affascinante vedere scendere gli esploratori, volteggiare in cielo, per poi raggiungere compatti un «fazzoletto» di terra. L’unico suono il fruscio della loro vela, il paracadute.

Le tre fasi

«Abbiamo tre fasi – precisa il comandante della Folgore, il generale Rodolfo Sganga – La formazione, l’addestramento, l’esercitazione. Miriamo ad accrescere l’interazione con altri partner, studiamo, ci scambiandoci informazioni in modo diretto. Vogliamo stabilire procedure comuni, così come uno standard efficace. Tutto questo serve a rendere più agile il dispositivo dell’Alleanza». Specie in un’epoca come questa dove può servire una risposta rapida a situazioni d’emergenza. La nostra brigata ha ampliato il rapporto con il Pentagono, con unità gemelle. Loro hanno grandi disponibilità di mezzi, noi possiamo offrire tecniche/tattiche che sono diventate un «brand». La Nato si prepara, stessa cosa fanno i russi che, in questi giorni, hanno condotto esercitazioni con bielorussi e serbi. Speculari.

Gli esploratori

Osservando da vicino le mosse degli esploratori, appostati ai bordi di una fitta macchia, risultano evidenti due aspetti: l’equipaggiamento e il fattore umano. I materiali impiegati sono di alto livello, aiutano i soldati nella ricerca di bersagli e permettono poi di riversare le indicazioni al comando. Ma, al tempo stesso, i parà devono essere in grado di fare a meno della tecnologia e per questo – sottolinea il generale Sganga – è stata dedicata molta attenzione al training che prevede un uso ridotto degli apparati. C’è sempre il rischio che siano bloccati da attacchi di guerra elettronica, possano rivelare la posizione, richiedono – a volte – condizioni particolari. E tenendo fede a questa impostazione un paio di parà hanno preparato un primo report meteo accovacciati tra gli arbusti, ricorrendo a strumenti semplici, non elettronici. Misurazioni riportate su fogli prestampati, righe tirate con penne a più colori.

L’asse con l’aviazione

La seconda componente di Swift Response è stata l’aviazione. «Il binomio parà-aereo diventa fondamentale – osserva il generale Girolamo Iadicicco, comandante della 46esima – Mettiamo a disposizione un lungo braccio che consente di proiettare le nostre forze in profondità. Uno schema che abbiamo mostrato di recente anche in Niger con lancio di uomini e rifornimenti». La nostra aeronautica – come spiega uno dei piloti – ha portato un C130 a volare in una formazione robusta, composta da una dozzina di velivoli, con rischieramento nella base di Ramstein, in Germania. Anche qui c’è l’obiettivo di elaborare dinamiche e metodi comuni insieme agli altri paesi. Per i piloti dell’Aerobrigata l‘opportunità di essere inseriti in uno schieramento notevole, di misurarsi, dopo una preparazione di due mesi, ad un test significativo su un fronte dinamico.

Compito difficile

L’esercitazione è stata dura, terribilmente reale. Oltre a mettere alla prova gli uomini si è portata via la vita di un canadese: è deceduto nell’impatto al suolo, forse a causa del cattivo funzionamento del paracadute. Incidente drammatico che, insieme al ferimento di altri soldati, ha poi costretto il comando a sospendere l’ultima fase di un aviolancio in Bulgaria mentre gli aerei hanno trasferito i reparti in uno scalo vicino.

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