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Pubblicato il 22/05/2015

RASSEGNA STAMPA : IL TIRRENO PARLA DELLA MORTE DELL’ALPINO PARACADUTISTA FABIO COMINI

TASSIGNANO Risale a 17 anni fa l’ultimo decesso di un militare dei paracadutisti legato a un lancio con la tecnica di caduta libera.anche in quell’occasione l’incidente mortale avvenne in Lucchesia.Era il 4 settembre 1998 quando il maresciallo Andrea Malanca,28 anni,nativo di Mantova,residente a Adria in provincia di Rovigo con la madre Rosa e il padre Remo, da anni in forza al nono reggimento paracadutisti della brigata Folgore Col Moschin morì nella zona del padule di Altopascio (al confine tra i comuni di Altopascio, Porcari e Capannori) mentre erano in corso una serie di lanci da un aereo militare G222
Da un osservazione filmata del lancio da parte dei militari in quella occasione emerse una manovra errata nell’azionare il paracaduta principale. Quell’errore comportò che il paracadute del militare si trovò in posizione molto ravvicinata con quello di un altro paracadutista lanciatosi pochi istanti dopo. Malanca, in quel modo, si trovò impossibilitato a fare qualsiasi movimento e quindi ebbe difficoltà a liberarsi del suo paracadute azionando quello di emergenza. Il tragico volo del sottufficiale veneto terminò in un campo di girasoli a poche decine di metri dalla zona di comando e dagli automezzi utilizzati dai parà per fare ritorno in caserma.
Dall’autopsia emerse che il militare era deceduto per le gravissime lesioni viscerali e scheletriche e la morte fu istantanea. Eppure anche Malanca era un militare esperto e aveva all’attivo moltissimi lanci. procura della Repubblica aprì un inchiesta contestualmente anche quella militare – ma alla fine entrambe giunsero alla stessa conclusione: errore umano del paracadutista. Niente indagati, niente processo.
Diverso invece il caso dei due paracadutisti strangolati dalla fune di vincolo tra il 1994 e il 1996: dall’allievo Claudio Triches, 20 anni, impiccato dalla fune di vincolo durante un avio lancio sopra i cieli di Altopascio il 15 luglio del 1994 a Claudio Capellini, 19 anni, originario di Cesena, impiccato alla fune di vincolo al suo sesto lancio sui cieli del Padule il 4 dicembre 1996. In primo grado ci furono cinque condanne agli ex vertici della Folgore e soprattutto vennero bloccati i lanci «a uscita rapida». Luca Tronchetti


TASSIGNANO «Il caporal maggiore era un alpino paracadutista Ranger che fa parte del comando operazioni speciali dell’Esercito e che stava prendendo l’abilitazione al lancio con caduta libera». Il tenente colonnello Fabio Mattiassi, portavoce delle forze speciali dell’Esercito poco prima delle 14 risponde alle domande dei cronisti sull’incidente costato al vita a Fabio Comini: «Dovranno essere chiariti molti aspetti di questo drammatico incidente – spiega – Per questo accanto all’inchiesta della magistratura sarà aperta un’inchiesta interna. Secondo quanto è stato possibile ricostruire c’è stato un inconveniente alla velatura principale del paracadute che non si è completamente aperto. Il militare se ne è reso conto e lo ha valutato sganciando la vela per far scattare il dispositivo di emergenza. proprio da quel momento in avanti che dovremmo capire bene cos’è accaduto.
Voglio rimarcare che sono diciassette anni che non si verificano più incidenti mortali con questa tecnica del lancio a caduta libera. Tragedie come queste fanno riflettere e servono per verificare se le attrezzature siano idonee e le tecniche necessitino o meno di ulteriori miglioramenti». chi gli chiede se ci possa essere un’ipotesi legata a un lancio ravvicinato di due paracadutisti che, per una serie di circostanze negative, possano essersi toccati, l’alto ufficiale risponde escludendo categoricamente tale circostanza: «Non è più possibile. Da tantissimo tempo ormai i paracadutisti escono uno alla volta e sfalzati in modo che le loro discese siano isolate e lontane una dall’altra.
Anche il tenente colonnello Lo Monaco del Capar Pisa sottolinea che incidenti come quello costato la vita al caporal maggiore sono rarissimi: sistemi di sicurezza sono migliorati sensibilmente e i paracaduti sono anche direzionabili. Gli infortuni accadono al massimo in fase di atterraggio quando il militare o il civile mettono male il piede d’appoggio e si procurano distorsioni o slogature oppure per ragioni di tipo atmosferico (non è questo il caso perché c’era il clima ideale per gli aviolanci) raffiche di vento spingono la vela in zone diverse rispetto a quelle d’atterraggio e qualche volte i paracadutisti finiscono impigliati in qualche ramo d’albero


TASSIGNANO Niente autopsia. Le cause del decesso di Fabio Comini sono talmente evidenti che il sostituto procuratore Aldo Ingangi ha nominato il medico legale Stefano Pierotti per effettuare un esame esterno sulla salma del caporal maggiore in modo che già nel primo pomeriggio il corpo senza vita del giovane militare possa essere riconsegnato alla famiglia per celebrare le esequie funebri. Il cadavere dopo il recupero è stato trasferito all’obitorio del Campo di Marte e forse già nella giornata odierna verrà eseguito il riscontro diagnostico. sequestri. La procura della Repubblica con la collaborazione dei carabinieri ha sequestrato l’attrezzatura in dotazione al militare deceduto e la documentazione relativa all’esercitazione Molto probabile anche la nomina di un perito per chiarire con assoluta certezza se il dispositivo di sicurezza del paracadute ha funzionato o meno. Dai primi accertamenti però risulta che le attrezzature fossero in condizioni assolutamente normali. Le ipotesi. Errore umano o mal funzionamento del paracadute di emergenza. Considerando che della vela, il paracadute principale, è responsabile lo stesso possessore che deve piegarlo nel modo corretto per il lancio successivo, gli inquirenti stanno esaminando il posizionamento delle corde sul corpo del caporal maggiore per capire se l’incidente possa essere dipeso da un errore di manovra e di posizionamento. (l.t L’incidente nella zona del Padule a Altopascio Alla fine dell’inchiesta emerse l’errore umano Al momento si ipotizza un inconveniente alla velatura principale del paracadute

Era un militare esperto che aveva già partecipato a diverse missioni all’estero anche in zone di guerra. Fabio Comini, 26 anni, viveva nel centro di Ascoli con il padre Maurizio di 56 anni, la madre Daniela De Sanctis, 54 anni, impiegata e la sorella Sara, 22 anni, studentessa. Chi lo conosce lo definisce una persona molto quadrata, di sani principi e che – dopo il diploma – aveva scelto di arruolarsi nell’Esercito La montagna era la sua grande passione e quando poteva con gli amici era solito effettuare escursioni sia sulle Alpi che sugli Appennini. Sino al momento di arruolarsi aveva frequentato spesso lo stadio Del Duca dove la domenica frequentava la curva per tifare l’Ascoli all’epoca impegnato nei campionati di A e B. La notizia della sua tragica fine ha destato profonda impressione nella cittadina marchigiana.


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