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Pubblicato il 04/06/2016

RASSEGNA STAMPA_ IL GIORNALE DI VICENZA PARLA DEL PROGETTO EL ALAMEIN

GIORNALE DI VICENZA
4 GIUGNO 2016
LA STORIA. Fermo il progetto degli ex parà con l’università di Padova
Missione bloccata ad El Alamein tra Isis e petrolio

L’obiettivo è raccogliere in un sistema informativo geografico tutta la documentazione sul sito storico
L’Egitto ha sospeso ogni permesso per il deserto

Il mare ad El Alamein ha le stesse sfumature di quello della Sardegna. Il mare? Ma El Alamein non è nel deserto? In realtà nei 60 chilometri compresi tra l’omonimo villaggio sulla costa mediterranea e la depressione di El Qattara c’è di tutto: alberghi e villaggi turistici, hammada e sefir, due delle facce del Sahara, e pozzi petroliferi e opere di scavo e di completamento. E poi, ad ovest, c’è la Libia con il suo caos e i jihadisti dell’Isis, responsabili di un attentato proprio nella cittadina egiziana. Tra l’altro, dopo una loro incursione, nel settembre 2015, l’aviazione del Cairo colpì alcuni fuoristrada uccidendo 8 turisti messicani e 4 guide locali, scambiati per miliziani. Da allora ogni permesso per il deserto, giù a sud, è stato e viene sospeso, bloccando di conseguenza tutte le missioni del progetto El Alamein.IL PROGETTO. Voluto dal Siggmi, la società di geografia e geologia militare e sviluppatosi nell’ambito di un accordo tra università di Padova e commissariato generale Onoranze ai caduti di guerra, si è articolato su una ventina di missioni, di cui 18 ufficiali, e prevede di raccogliere in un Sistema informativo geografico (Gis) tutta la documentazione storica disponibile di natura sia cartografica che fotografica. «Ci siamo attivati – sottolinea il coordinatore scientifico Aldino Bondesan – proprio di fronte ad alcune foto aeree che confermavano come l’attività estrattiva stia alterando molti siti. È stato un lavoro certosino, abbiamo riportato alla luce postazioni individuali, trinceramenti, piazzole di artiglieria e ripari costruiti dalle due armate che qui si scontrarono tra l’agosto ed il mese di novembre del 1942. Abbiamo posato 82 cippi di segnalazione su 10 itinerari storici diversi, trasformando i 400 chilometri quadrati del fronte italiano in un Parco storico di grande valenza storico-scientifica. Grazie alle foto aeree si sono rilevate 30 mila postazioni, di cui 10 mila nel nostro settore». Altri numeri. Almeno 300 i volontari che hanno partecipato, sia sotto l’egida di “CongedatiFolgore.com” sia autonomamente. I soci della sezione vicentina guidata da Guido Barbierato, ad esempio, hanno partecipato a 4 viaggi: «Sempre di tasca nostra, spendendo circa 1.000 euro a testa, e lavorando al ripristino delle postazioni. Il nostro cippo è a Quota 105, in memoria del parà, medaglia d’oro, Giuseppe Cappelletto». Tra le sorprese, il ritrovamento dei comandi dei corpi d’armata e divisionali.ARRIVEDERCI AL 2017. Tutto questo è già raccontato in un libro cui seguirà, a breve, “Ruote e cingoli nel deserto” e poi una minuziosa carta storico-militare. Le missioni dovrebbero riprendere il prossimo anno, intanto continua il lavoro di testimonianza. «Tra l’altro abbiamo pure ricostruito l’ubicazione dei campi minati grazie alle schede minuziose dei tedeschi, cosa non da poco visto che non tutto il deserto è stato sminato. Ora ci concentreremo sul Sacrario italiano. L’idea è quella di digitalizzarlo, ricostruendo un modello interno ed esterno per una visita virtuale. Faremo lo stesso per il registro inumazioni ivi depositato e cercheremo di migliorare l’allestimento della sala cimeli presenti nella corte d’onore». Sperando che quanto prima arrivi anche la proprietà del terreno e che un giorno gli inglesi ammettano di averle buscate sul fronte meridionale. Settantaquattro anni dopo non cambierebbe nulla, sarebbe solo storia. O no?o

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