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Pubblicato il 25/08/2015

RECENSIONI: DALLA PARTE DEI VINTI UN LIBRO SUI FASCISTI


L’autrice , Armanda Capeder ( foto sotto), ha scritto un romanzo che rende giustizia a tanti italiani che hanno pagato troppo duramente l’adesione a un’ideologia o, meglio, a un sogno svanito tra le macerie di un Paese che, comunque, avevano cercato di servire.


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PARMA- Fascisti! di Armanda Capeder (Enrico Damiani Editore, pagine 238, euro 18,00) è un libro che fa riflettere. Parla della ascesa e caduta del fascismo viste da una città di provincia, Voghera, attraverso le vicende di Luigi Armani, di sua moglie Angela e della loro figlia Giovanna.
Luigi è un giovane reduce della Grande Guerra (ci ha rimesso anche una mano) e, come tanti altri ex-commilitoni, vede nel nascente fascismo un riscatto dalla condizione in cui lui e gli altri si trovano, delusi e umiliati dopo tante promesse governative non mantenute. Finalmente ottiene un impiego al Comune, lavora scrupolosamente, aiuta il prossimo, sposa Angela e, dopo un aborto procurato che viene ricordato senza soprassalti morali, nasce Giovanna. Più tardi arriverà un maschietto che morirà dopo pochi mesi.
Luigi è una brava persona, non ha un curriculum scolastico ma legge Pirandello, acquista la Treccani, è da tutti benvoluto, diventa capufficio senza che la famiglia abbia vantaggi economici, anzi, con disappunto di Angela, gli Armani sono sempre a corto di denaro. Giovanna cresce come una ragazza non bella ma studiosissima, con certi rancori per le ristrettezze familiari e un desiderio di riscatto sociale. Luigi è un fascista che vede solo i lati positivi del regime che ha risanato l’Agro Pontino e rilanciato l’orgoglio nazionale. Non condivide le discriminazioni razziali e l’entrata in guerra dell’Italia, ma un senso di lealtà anima la sua buonafede.
Alla caduta di Mussolini avviene il rovesciamento sociale. Sembra che nessuno sia mai stato fascista e si vuol far pagare a capetti come Luigi, fino a quel momento benvoluti, colpe di cui non sono direttamente responsabili. Per esempio, un galantuomo come Mario, il lattaio, che salutava con il braccio alzato, ma non aveva mai avallato le spedizioni punitive contro i partigiani della Valle Staffora, viene strattonato fuori dal negozio e fatto a pezzi, non solo dai quattro armati che l’avevano apostrofato come «fucilatore di partigiani », ma anche dai suoi coinquilini e clienti, ai figli dei quali aveva spesso regalato i suoi gelati.
Anche Luigi viene arrestato: conosce il carcere di Voghera e quello di Pavia, patisce la fame, l’umiliazione della ginnastica sotto il sole per il divertimento dei giovani aguzzini. Per Angela e Giovanna, ormai diciassettenne, è un calvario per ottenere un permesso per incontrare Luigi, e la ragazza deve difendersi dalle avances di vecchi e nuovi capi. Finché, un giorno, a casa Armani giunge una lettera in cui si dice che Luigi è stato «raggiunto da un colpo di arma da fuoco quando, insieme con altri, tentò la fuga dal Castello di Pavia». Accusa manifestamente infondata perché Luigi, non solo per coerenza, ma anche per le condizioni fisiche in cui si trovava, non avrebbe mai cercato di evadere.
A questo punto in Giovanna, di fronte a tanto odio, a tanta slealtà e invidia sociale, scatta la decisione vocazionale di diventare scrittrice. Farà sapere al mondo l’altra faccia di una verità che si è cercato di denigrare e soffocare, avendo oltretutto trovato tra le carte del padre anche certi appunti sul tentativo, con alcuni gerarchi della Repubblica sociale, di convincere Mussolini a mettersi nelle mani del cardinal Schuster.

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