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Pubblicato il 27/01/2022

SCHIANTO DEL 20 SETTEMBRE 2020 – LA COMMISSIONE DI SICUREZZA DEL VOLO SI PRONUNCIA SULLA MORTE DEL PARACADUTISTA ALESSANDRO TOVAZZI E DEL PILOTA STEFANO GRISENTI

CREMONA – Il 20 settembre 2020 il paracadutista Alessandro Tovazzi ed il pilatus PC6 pilotato da Stefano Grisenti ebbero una collisione in volo. Il risultato fu la morte di entrambi: il paracadutista sul colpo, dopo avere colpito l’ala, mentre il pilota si schiantò con l’aereo.

Ieri è stata resa nota la relazione dell’inchiesta svolta dalla Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv), che ha affiancato l’indagine contro ignoti dal sostituto procuratore, Secondo i tecnici , “il pilota «non avrebbe dovuto proseguire le operazioni di lancio in nube, operazioni non consentite dal regolamento dell’Enac per il paracadutismo e dalle regole del volo VFR». E il paracadutista «non avrebbe dovuto lanciarsi, richiedendo di fare un ulteriore passaggio». Nel cielo del Migliaro, quella maledetta domenica, ci fu «una probabile sottovalutazione delle condizioni meteorologiche».

Grisanti aveva al suo attivo 4.400 ore di volo, con licenza commerciale conseguita negli Usa nel 1999, due anni dopo convertita in licenza commerciale Easa (european Union Aviation Safety Agency). Era abilitato all’attività di lancio di paracadutisti. Lui stesso era un paracadutista esperto ed istruttore di paracadutismo.

Tovazzi aveva 500 lanci e si lanciava in tuta alare. Nel rapporto dell’Ansv si spiega che «il lancio in deriva con tuta track suit, praticato da almeno un paio di decenni, ha avuto notevole impulso in tempi recenti. Questo tipo di volo ha modificato le traiettorie di caduta del paracadutista che può spostarsi per alcuni chilometri rispetto al punto di lancio».

Tovazzi si lanciò per ultimo mentre il Pilatus «penetrava una nube».

«Forse sottovalutarono le condizioni meteo», pilota e paracadutista, «probabilmente con la comune intenzione di non ritardare le operazioni — è scritto nella relazione —. Ciò ha comportato che il paracadutista, per i primi dieci secondi di volo, si trovasse in nube e questa circostanza potrebbe aver impedito al pilota, qualora avesse ritenuto opportuno farlo, di osservare la direzione presa dal paracadutista nelle fasi iniziali del lancio. Si ribadisce che in ogni caso, in considerazione della estrema difficoltà di individuare a vista un paracadutista in caduta libera, la separazione poteva essere esclusivamente del tipo procedurale, mediante coordinamento preventivo, di interessare la medesima porzione di spazio aereo».
Per l’Ansv, se sul Pilatus ci fosse stato un direttore o un responsabile del lancio, «unico interlocutore con il comandante dell’aereo, probabilmente», l’incidente forse non sarebbe accaduto.

I dieci a bordo erano tutti «provvisti di licenza, le operazioni venivano svolte in autonomia, in quanto la normativa vigente non prevede la presenza a bordo di un direttore di lancio».

La relazione termina con ‘Raccomandazioni’ all’Enac, «affinché definisca, nelle modalità ritenute più idonee, i compiti del direttore di lancio e del responsabile di lancio, in particolar modo definendo in maniera univoca le modalità cui il responsabile di lancio venga definito, quali siano le azioni che debba svolgere e la formazione che debba sostenere per svolgere la propria funzione, ciò al fine di evitare che la criticità riscontrata possa contribuire all’ulteriore accadimento di incidenti aerei in cui siano coinvolti aeromobili impegnati nel lancio paracadutisti». Non è la prima volta che Ansv sollecita Enac. La raccomandazione è «reiterata».

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