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Pubblicato il 13/05/2016

ARRUOLAMENTI SENZA VOCAZIONE?

Arruolamento dei volontari ed effettive vocazioni
di Vincenzo Di Guida


In pochi anni si è passato dal concetto dell’esercito costituito dai coscritti di leva che, a titolo gratuito, erano chiamate a difendere la Patria come diritto/dovere costituzionale a un esercito formato da soli volontari ossia da persone che, superato un concorso, esplicano il proprio servizio dietro un corrispettivo stipendiale.

Ciò sembrerebbe contraddire l’art. 52 della Costituzione della Repubblica, Carta tanto amata e poco applicata, che recita testualmente : “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge (…)”. Significa che è un dovere di tutti, uomini e donne, non derogabile e non cedibile a terzi.

Tuttavia la legge 23 agosto 2004, n. 226, che istituisce la professionalizzazione delle FF.AA., afferma che “le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva sono sospese a decorrere dal 1°gennaio 2005(…)”.

Quindi dagli inizi del nuovo millennio, con creatività normativa tutta italiana, viviamo in un periodo di “sospensione” della leva e non di “abolizione”.


L’intento della Legge 23 del 2004, come peraltro sopra riportato, ha giustificato tale sospensione con una necessità di professionalizzazione ma, di fatto, è coincisa con una decisa contrazione numerica dello strumento militare.

Nonostante che i militari occorrenti alle necessità dello Stato siano molto diminuiti, complice la critica situazione economica del Paese, sempre più giovani tentano la via militare ma, si badi bene, non è un un incremento di domanda determinato da un accresciuto senso vocazionale, ma il sospetto è più che fondato che da molti la professione militare è preferibile a restare del tutto disoccupati.

Ciò anche se col rischio eventuale di ritornare a casa al termine del percorso VFP1 / VFP4, senza professionalità di grande interesse per la società civile e con l’aggravante di aver bruciato i migliori anni da dedicare alla costruzione del proprio futuro.

Del resto, basta notare la distribuzione geografica di provenienza dei nostri attuali militari per scoprire che, nella buona sostanza, essi provengono in larga maggioranza dalle aree economicamente più depresse della penisola e tale dato non lascia adito a ipotesi di maggiore romanticismo legate a vocazioni militaresche.

Oramai, siamo giunti a un rapporto di circa 10 a 1 (ossia dieci pretendenti per ogni posto disponibile) per il concorso da VFP1 e a rapporti ben più drammatici per i concorsi via via successivi sino a giungere ad un drammatico rapporto di 60 a 1 per il recente concorso per l’Accademia della Marina Militare (oltre 6000 concorrenti per soli 118 posti a concorso).

Si intuisce allora facilmente il perché di quanto è sotto gli occhi di tutti, ossia concorsi sempre più affollati di concorrenti senza una effettiva vocazione militare o, al più, con la vocazione del militare da scrivania, a dispetto dei tanti brevetti presi tanto per far punteggio.

Ragazzi senza un effettivo futuro e famiglie disperate disposte a sostenerli pur di vederli vittoriosi in un concorso da precari.

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