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Pubblicato il 30/11/2014

CALCIO: MONDIALI DEI RAGAZZI CON AMPUTAZIONI. DA AMMIRARE

L’altra Italia ai Mondiali di calcio: “Noi amputati in campo per abbattere le barriere”

LA STAMPA di Torino
L’altra Italia ai Mondiali di calcio: “Noi amputati in campo per abbattere le barriere”
Al via in Messico la coppa del mondo degli atleti mutilati. Un sogno per molti ragazzi che sono ripartiti dopo incidenti o malattie: «Essere qui è già una grande vittoria»

30/11/2014
francesco grignetti
Entriamo in campo oggi alle 17,30 per una partita che rinvia alla memoria: Messico–Italia. E schieriamo anche una fortissima Nazionale. Ma del Mondiale di calcio che si apre oggi in Messico, a Culiacan, poco si parla perché questa Nazionale italiana di calcio non schiera i soliti stranoti, ma atleti che hanno una particolarità: sono tutti mutilati. Il Messico ospita infatti un Mondiale di calcio, a cura World Amputee Football Federation (la WAFF), che alle nostre latitudini è semisconosciuto. Ed è un peccato, perché la nostra Nazionale è una squadra vera, grintosa, di buon tasso tecnico. O almeno così si è visto alla loro prima apparizione internazionale, nell’aprile 2013 in Francia. È lo sport paralimpico. In Italia raccoglie finora pochissima attenzione.

«E invece – sostiene Giusy Versace, che è anche lei un’atleta paralimpica, ed è divenuta celebre grazie a Ballando sotto le stelle – deve appassionare e interessare come lo sport dei normodotati. In Italia siamo ancora un po’ indietro, rispetto all’estero, qui si fa fatica a trovare spazio sui media perché i disabili fanno poca notizia. È necessario invece abbattere le barriere culturali e cambiare la mentalità della gente: tutti possiamo farcela; nonostante le difficoltà, non vogliamo rinunciare a vivere e alle emozioni che lo sport ci regala». Le occasioni per parlare di sport paralimpici in verità cominciano a moltiplicarsi. Se ne è discusso qualche giorno fa a Torino, in una tavola rotonda presso AdpLog, lo spazio espositivo di Alessandro Del Piero. E la vedette in quell’occasione è stata appunto Francesco “Messi” Messori, 16 anni, fondatore e capitano della Nazionale italiana calcio amputati, alla vigilia della partenza per il Messico. Qualche mese fa era stata la volta degli atleti paralimpici militari, che hanno partecipato ai giochi “Invictus”, a Londra: gli italiani hanno portato a casa 6 medaglie, due d’oro, due d’argento, due di bronzo.

Ovviamente, a parlare di Nazionale di calcio amputati, non si può far finta di niente. La loro scommessa è vincere qualche partita, e magari superare il girone eliminatorio (noi siamo nel raggruppamento B con la temibile Polonia, la Georgia ed il Messico: non sarà facile). Ma intanto questi atleti hanno già vinto. Perché il vero messaggio dello sport paralimpico è questo: esserci, partecipare, non negarsi la gioia di vivere e di lottare, non sprofondare nel buco nero della depressione quando la vita ti riserva una sorpresa dannata come quella di perdere un arto. Può succedere per una malattia, per un incidente stradale, sul lavoro. O anche in missione per conto dell’Italia, vestendo una divisa, a pattugliare una strada in Somalia, in Iraq o in Afghanistan. Il risultato finale non cambia. Rischi di deragliare del tutto. Ma questi ragazzi dimostrano che anche la partita più difficile si può vincere.

«Vi aspetta una grande sfida», li ha salutati perciò Luca Pancalli, responsabile dello sport paralimpico italiano, incontrando gli Azzurri in partenza per il Mondiale. E gli ha fatto eco Massimo Achini, numero 1 del Centro sportivo italiano-CSI: «Possiamo dire davvero, in questo caso, che questi ragazzi hanno già vinto ancor prima di partire per il Messico. Partiamo con la certezza che la Nazionale di calcio amputati rappresenta i veri valori della vita». E come d’obbligo, ora, la parola al mister: «Rappresentare l’Italia in un Mondiale – ha detto in conferenza stampa il ct Renzo Vergnani – è per tutti noi grande motivo d’orgoglio. Siamo una Nazionale giovane, nata da un paio d’anni, e in Messico troveremo molte squadre più esperte. Ma senza dubbio daremo il massimo: puntiamo a passare il turno, poi si vedrà».

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