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Pubblicato il 30/11/2014

GIANFRANCO PAGLIA PARLA A “LA STAMPA” DI TORINO

30/11/2014

francesco grignetti

Il colonnello Gianfranco Paglia è costretto su una sedia a rotelle da quando, giovane ufficiale dell’Esercito, fu ferito gravemente in battaglia a Mogadiscio, Somalia. Accadeva 20 anni fa. Nel frattempo, Paglia, che è medaglia d’oro al valore, ed è stato parlamentare nella scorsa legislatura, non ha lasciato la carriera militare. Negli anni si è occupato di pubbliche relazioni, attualmente è consigliere del ministro della Difesa. «Le forze armate italiane – racconta – sono forse le uniche al mondo che permettono al militare che sia stato ferito in missione, e che quindi non ha più l’idoneità fisica, di restare in servizio. Gli Stati Uniti prevedono un periodo massimo di 2 anni di servizio da inidonei, poi si va a casa. Gli italiani, no. E secondo me è frutto di una sensibilità straordinaria dell’Italia, di cui andare fieri. So che anche la Francia ci sta pensando, ma ancora non l’hanno fatto».
Paglia è sulla sedia a rotelle. Nell’Esercito e nell’Aeronautica purtroppo sono in diversi nelle sue condizioni. Uomini e donne feriti gravemente in missione. Ovviamente non possono avere ruoli di combattimento, ma il loro contributo non è meno prezioso anche da un ufficio. Paglia, peraltro, ha coperto un turno di 4 mesi in Iraq, a Nassiriya. «C’è stata qualche difficoltà, ma tutto è superabile con la buona volontà. Però, se sono andato io in Iraq, vuol dire che davvero tutto è possibile. Sapete, molto spesso le barriere sono mentali più che fisiche». Quest’estate lui e altri militari hanno partecipato ai giochi Invictus, riservati ad atleti militari paralimpici. «L’esperienza di Londra mi ha colpito moltissimo. Il messaggio è che nonostante tutto c’è chi non si arrende. Ho incrociato atleti di 13 Paese diversi, dagli Usa all’Australia, all’Afghanistan, ai Paesi europei. Ma sono stati gli spettatori inglesi quelli che mi hanno colpito di più: un mutilato che fa sport, da quelle parti, è qualcosa di abbastanza normale. E i loro ex militari invalidi non nascondono le ferite perchè aver perso una gamba servendo il proprio Paese, in Gran Bretagna, è motivo di grande onore. Qui da noi, inutile nasconderlo, non è ancora così».

Per il colonnello Paglia, insomma, la tappa londinese di Invictus è stata una grande soddisfazione. Ma conservare la divisa è tutto. «Fu il mio primo pensiero, quando mi risvegliai in ospedale, dopo essere stato colpito: quando e come tornare in servizio. Il massimo comunque è stato l’Iraq: lì dimostri a te stesso, prima che agli altri, che puoi ancora dare qualcosa al tuo Paese. E per chi ha fatto un giuramento alla Patria, capitemi, è fondamentale». E ora? «In futuro, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, vuole organizzare una edizione di Invictus in Italia. L’ha detto pubblicamente, alla presenza del Capo dello Stato, quando Giorgio Napolitano ci ha voluto incontrare, noi la squadra di Invictus, al Quirinale. Non potrà essere subito perché le nostre infrastrutture sono ancora piene di barriere architettoniche. Ma se ci riusciremo, forse nel 2017, sarà davvero bello».

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