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Pubblicato il 04/09/2016

CASO MANDOLINI: IL FRATELLO TROVA UN BIGLIETTO SUL PARABREZZA DELL’AUTO A LIVORNO. PAROLE CIFRATE

LA NAZIONE DI LIVORNO
del 4 Settembre 2016

Maria Nudi

LIVORNO UN BIGLIETTO potrebbe contenere la chiave per risolvere il giallo della scogliera, per dare finalmente un volto e un nome all’autore di un delitto risalente ormai a ventuno anni fa: l’assassinio del maresciallo Marco Mandolini, incursore del glorioso reparto Col Moschin e capo scorta del generale Bruno Loi nella missione Ibis in Somalia. Un militare preparato che svolgeva il suo lavoro con grande passione e grande senso del dovere. Marco Mandolini fu ucciso in modo cruento il 13 giugno del 1995. Un delitto insoluto sul quale sta ancora lavorando la Procura di Livorno che, di recente, ha addirittura, nella seconda indagine, prorogato gli accertamenti. Quella sera del 13 giugno di oltre venti anni fa Marco Mandolini era a Livorno dove stava trascorrendo un periodo di riposo per sottoporsi ad accertamenti medici. Il suo assassino – o assassini – lo uccise con rabbia e violenza accoltellando più volte e finendolo massacrandogli il cranio con un grosso sasso. Un giallo che dura da oltre venti anni, ma che ha avuto nel tempo vari colpi di scena. L’ULTIMO è il biglietto del Corvo. Il biglietto è scritto da una mano misteriosa ed è stato lasciato sulla macchina del fratello di Marco, Francesco Mandolini, che un mese fa si era recato a Livorno per rendere omaggio alla lapide posta in ricordo dell’incursore ucciso, proprio nel punto della scogliera del Romito dove il suo cadavere fu ritrovato. Un rito, una visita, che Francesco Mandolini ogni anno fa per omaggiare il fratello scomparso e che si conclude con il grido di guerra dei parà, «Folgore!». Pochi minuti in raccoglimento su quella lapide, poi Francesco è tornato alla macchina. E sotto il tergicristallo ha trovato un foglietto con un messaggio in codice, scritto a penna, inchiostro nero, e una grafia familiare. «Gridi Folgore ad Ercole. Cerca l’aquila che non vola e troverai il diavolo rosso». Un linguaggio cifrato: «Ercole» a Francesco ha fatto subito pensare al nome in codice usato da Marco Mandolini in una missione di fine anni Ottanta. «Aquila» potrebbe essere invece il nome in codice di un altro militare, forse un ufficiale di alto rango. Il biglietto, di piccole dimensioni, è scritto in nero con una scrittura elementare. «Ero venuto a Livorno – spiega il fratello Francesco che non ha mai smesso con i familiari di cercare la verità – dopo aver partecipato a un’iniziativa a Bientina, nel pisano. Era pomeriggio. Ho parcheggiato l’auto, presa a noleggio, sul Romito, e sono sceso sulla lapide di Marco dove ho gridato ‘Folgore’. Quando sono risalito qualcuno aveva lasciato questo biglietto. Qualcuno che aveva seguito i miei movimenti. Roba da brividi». ANCHE perché Francesco Mandolini per recarsi a Livorno aveva preso un’auto a noleggio. Nessuno poteva sapere che quella fosse proprio la sua. «Abbiamo chiesto a un perito calligrafo di analizzare quel messaggio – spiega ancora – e gli abbiamo dato anche una lettera anonima che era arrivata un paio di anni fa. A prima vista ci sembra la stessa scrittura. Ma stiamo aspettando la perizia. A distanza di tutti questi anni qualcuno vuole che si arrivi alla verità e credo che sia qualcuno che in parte la conosce. Non abbiamo consegnato il biglietto ai carabinieri o alla Procura perché, su consiglio del nostro legale, abbiamo deciso di fare prima una perizia di parte». Il mistero, quel filo rosso di sangue lungo ventun anni, potrebbe avere una soluzione in un biglietto lasciato in un giorno di estate sul Romito dove tutto ebbe inizio.

IL RESTO DEL CARLINO DEL 4 SETTEMBRE 2016
Un biglietto in codice riapre il caso

Qualcuno l’ha lasciato sull’auto del fratello a Livorno: «Mi hanno seguito»

A CASTELFIDARDO c’è una famiglia alla disperata ricerca della verità, anche se mamma Lina è volata in cielo senza sapere chi, il 13 giugno di oltre venti anni fa, ha ucciso il suo Marco, quel figlio che aveva deciso di servire la Patria. Marco Mandolini fu assassinato barbaramente sulla scogliera del Romito a Livorno il 13 giugno del 1995. Il sottufficiale dei reparti speciali dei paracadutisti della Folgore e capo della scorta del generale Loi in Somalia aveva solo 34 anni. E’ una storia tinta di giallo ancora completamente avvolta nel mistero. Dalla città della fisarmonica la ricerca del colpevole non è mai cessata. «Chi sa parli», hanno sempre detto i fratelli Francesco e Flaviano e adesso anche il nipote Marco che porta il suo stesso nome. Poi un segnale, come tanti ce ne sono stati in questi anni di incubo per la famiglia. OGGI, una nuova svolta: si tratta di un misterioso biglietto apparso un mese fa quando da Castelfidardo il fratello Francesco era andato in Toscana, chiamato per celebrare la giornata della memoria. Quel biglietto è stato scritto a mano con una calligrafia quasi infantile e con errori evidenti di grammatica, una frase breve su un pezzettino di carta che secondo le prime perizie svolte sarebbe stata stilata da una mano destrorsa, non più giovane e di chiara bassa scolarizzazione. Non è escluso però che sia tutto un bluff per depistare ulteriormente il riconoscimento della mano. SI FA riferimento a Ercole, il nome in codice dell’operatore Marco Mandolini, correlato alla ricerca di un’aquila per risalire al «diavolo», forse colui che l’ha ucciso. Un indovinello molto difficile da interpretare, almeno per ora. «Chi ha depositato il biglietto sull’auto che avevo preso a noleggio deve aver seguito i miei movimenti», racconta Francesco. Qualcuno lo aspettava per dargli quell’informazione. Che abbia voluto davvero aiutare i Mandolini? Da quel giorno di giugno quando Marco fu barbaramente ucciso, la battaglia della famiglia Mandolini va avanti e periodicamente Francesco e Marco, il nipote, fanno una sorta di pellegrinaggio sulla lapide che è stata realizzata sulla scogliera, unica testimone del delitto. DATO che da lì è iniziato tutto, proprio da quella zona potrebbe arrivare la soluzione decifrando il biglietto in codice. Non è finita. Tante persone da Castelfidardo e non solo se lo augurano pensando anche a mamma Lina e al papà di Marco che dal cielo ringrazierebbero di certo chi riuscirà a scoprire l’identità dell’assassino.

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