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Pubblicato il 05/05/2021

CASO SCIERI AGOSTO 1999- LA CASSAZIONE: I DUE CAPORALI PARACADUTISTI VANNO GIUDICATI PER OMICIDIO VOLONTARIO

Per i giudici della Cassazione, cui si erano rivolti i due procuratori , civile e militare coinvolti nelle indagini sulla moprte dell’Allievo EMANUELE Scieri, la competenza a giudicare gli incriminati è del giudice ordinario perchè l’eventuale atto di nonnismo precedete alla morte non è ricollegabile al rapporto gerarchico, così come al servizio o al rispetto della disciplina militare.

L’ ipotesi reato è omicidio volontario- I protagonisti non avevano un rapporto diretto gerarchico con l’allievo
SI ESCLUDE VESSAZIONE E FATTO ACCADUTO NEL RAPPORTO FUNZIONALE/GERARCHICO MILITARE

“L’esatta qualificazione della condotta risulta solo quella del reato di omicidio volontario, assegnato alla giurisdizione del giudice ordinario“.
I giudici della Cassazione osservano che, secondo l’accusa, il fatto si è verificato “nel momento in cui gli autori della condotta (destinatari di una licenza breve) e la vittima (appena rientrata dalla libera uscita), in assenza di precise relazioni funzionali dirette, per il tipo di collocazione delle rispettive figure nell’organigramma militare, non erano impegnati in attività di servizio e perciò si trovavano in caserma in abiti civili. La caserma, quindi – rileva la Suprema Corte – si presenta solo come il luogo in cui si verificava il fatto“.
“rimane privo di significato ogni riferimento alla violazione di doveri militari, e certamente prima ancora delle primarie regole di convivenza e di rispetto umano, a prescindere da ogni gerarchia istituzionale, insita in atti di spregiudicata e brutale violenza del genere di quelli configurati”. E prosegue: “gli autori del fatto ( VOLEVANO, NDR) fiaccare la resistenza di Scieri tramite violenti colpi, mentre egli saliva, in condizioni di insostenibile stress, la scala della torre di prosciugamento dei paracadute”.

Per la Corte “è di palmare evidenza che non erano quelle le condizioni di addestramento”. E ancora: “la rappresentazione della contestazione mossa dall’Autorità giudiziaria militare, dopo aver anch’essa dato contezza del rapporto causale fra la condotta degli imputati e il precipitare di Scieri al suolo da un’altezza di 5 metri in modo da derivarne gravissime lesioni addebita agli imputati – rileva la Cassazione – la violazione dello specifico dovere di comportamento militare di chiedere gli interventi di soccorso sanitario, specificando che essi, ove tempestivi, avrebbero impedito la morte”, ma, conclude la sentenza, “nel contesto della stessa descrizione si rileva che Scieri giaceva a terra ‘agonizzante’, ossia già prossimo alla morte, lì dove veniva abbandonato dagli autori del fatto: costoro, in effetti, coerentemente con l’intera ricostruzione del tipo di condotta, semplicemente si dileguavano per sfuggire all’individuazione”.

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