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Pubblicato il 26/03/2021

ESPULSO DALL’ ESERCITO E CONDANNATO AL RIMBORSO- PRENDEVA SOLDI DAI ROM – “GRAVE DANNO DI IMMAGINE PER LA ISTITUZIONE”

Nel marzo 2018 era stato condannato a due anni per corruzione per atto contrario a dovere d’ufficio e in marzo 2021 la Corte dei conti gli chiede di risarcire 2500 euro al Ministero della Difesa per il il danno d’immagine arrecato alle istituzioni.

L’ex paracadutista cacciato dall’Esercito prendeva soldi dalle borseggiatrici rom mentre era impegnato nel servizio “Strade sicure” con il compito, tra l’altro, di allontanare le persone sospette, da piazza dei Miracoli. «La prova è stata raggiunta, in ordine alla dazione del denaro, da parte delle rom nonché e dal convenuto che, pienamente consapevole degli accadimenti, ebbe modo, dapprima di riferire al collega, nell’imminenza dei fatti, mostrando il provento illecito (35 euro ripiegati in un pacchetto di sigarette) e per spiegare l’accaduto, “queste ragazze sono sempre presenti sul posto, pertanto, qualcuno deve poter mangiare” e, successivamente, di confessare l’accaduto ad un superiore» scrive la Corte dei conti.

Il 36enne trapanese aveva confessato la storia al collega che aveva registrato la conversazione. Avrebbe ammesso solo un episodio, ma livello penale le contestazioni sono state diverse. Alla fine ha briciato la sua carriera per 180 euro, più o meno . «L’infedeltà dimostrata dal convenuto ) nei confronti dell’amministrazione di appartenenza è stata di notevole gravità ma, ancor più grave, è stato il discredito che, a causa della condotta dallo stesso posta in essere, sia derivato alla immagine della pubblica amministrazione agli occhi degli stessi colleghi nonché dei soggetti che dovevano essere proprio quelli nei cui confronti l’attività di controllo e prevenzione doveva essere eseguita – aggiungono i giudici contabili –. Appare facile, infatti, immaginare la disistima nei confronti della cosa pubblica che la condotta del convenuto abbia potuto suscitare nei colleghi, al constatare l’accaduto, nonché nelle ragazze di etnia rom, per essere state prepotentemente approcciate con frasi dal tono arrogante e prevaricatore (nel corpo della sentenza penale la ragazza rom riferisce che il Lo Presti le avrebbe minacciate di non parlare perché altrimenti gli avrebbe “spezzato le braccine”) da un pubblico ufficiale, nonché la derisione nei confronti della pubblica amministrazione, per avere il Lo Presti agevolato in loro la ideazione di uno Stato aggirabile con pochi euro, con inevitabile diffusione della notizia anche tra tutti coloro che sono dediti alla quotidiana microcriminalità». —

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