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Pubblicato il 18/03/2024

IL GIORNALE- IL GENERALE BERTOLINI SULLA SITUAZIONE GEOPOLITICA

Il Giornale del 18 Marzo 2024


“Yemen, Gaza, Kiev. Sui venti di guerra hanno soffiato i Democratici Usa”
Il generale Marco Bertolini le guerre le ha viste e le ha fatte. Libano, Afghanistan, Somalia. Oggi ha 70 anni ma lo spirito è quello di quando ne aveva 19 e diventò sottotenente



Hoara Borselli- Il generale Marco Bertolini le guerre le ha viste e le ha fatte. Libano, Afghanistan, Somalia. Oggi ha 70 anni ma lo spirito è quello di quando ne aveva 19 e diventò sottotenente.

Paracadutisti. La scelta militare l’aveva nel sangue. Suo padre combattè ad El Alamein. Lui è un uomo della Folgore, ne è stato anche il comandante. Ora è riservista e la sua esperienza, le sue conoscenze, i suoi studi li mette al servizio dell’analisi in politica estera. Qualche anno fa si candidò al Parlamento europeo per Fratelli d’Italia. Bertolini non è affatto ottimista.
Soprattutto teme l’ interventismo dei democratici americani. Si vede, anche se è diplomatico, che spera nei repubblicani. Persino in Trump. Bertolini è un tipo che sa fare la guerra ma ama la pace.



Generale cosa sta succedendo nel Mar Rosso?
«Quella del Mar Rosso è una guerra strana. Gli Houthi sono legati all’Iran. C’è stata una lunga guerra degli Houthi contro l’Arabia Saudita. In sostanza dell’Iran contro l’Arabia. Questa contrapposizione a un certo punto è venuta meno. Grazie alla mediazione cinese Arabia e Iran hanno ripreso le relazioni diplomatiche. Quindi bisogna capire se questa iniziativa di guerra degli Houthi è sponsorizzata dall’Iran o no. Comunque la minaccia degli Houthi è una minaccia reale. Stiamo parlando di un movimento che occupa una gran parte del territorio dello Yemen. Non sono quattro terroristi, sono un’organizzazione potente». E l’Italia cosa fa ? «L’Italia è andata con questa sua componente navale nel mar Rosso, nell’ambito di un’iniziativa internazionale della quale ha il controllo tattico. Dirige le operazioni sul campo, però non può dare alle navi straniere ordini sui loro compiti o sulle loro aree di intervento». E lo scontro militare in cosa consiste? «Nel fatto che questi Houthi non si limitano a lanciare i loro attacchi contro i mercantili, ma anche contro le navi da guerra. E quindi l’Italia è impegnata a difendere se stessa e a difendere le navi mercantili».

Quindi in urto con lo Yemen?
«Beh, no. Noi non partecipiamo alle azioni di inglesi e americane che sono direttamente contro lo Yemen. La nostra è solo una missione difensiva». La crisi del Mar Rosso e la crisi di Gaza sono legate.

Come giudica l’atteggiamento di Netanyahu?

«Anche quella ucraina è connessa, se non altro per il fatto che i fronti contrapposti sono gli stessi. Per quel che riguarda Netanyahu, lui tiene una posizione molto radicale. Che non fa comodo all’amministrazione statunitense perché Biden in campagna elettorale deve tenere conto anche del sentimento della comunità musulmana che – per esempio nel Michigan – ha già dato prova di poter fare molti danni al presidente uscente». Cosa vuole Biden? «Mettere le briglie a Netanyahu. Non perché Netanyahu sia cattivo e lui buono, ma per questioni di politica interna. Ha provato a sondare Binyamin Ganz, per vedere se fosse disponibile a fare la fronda e poi sostituire Netanyahu, ma invano. Questo dimostra che gli Stati Uniti non sono in grado di controllare Israele come una volta». Ma Israele si può permettere di rompere con Washington? «Beh, per Israele perdere l’appoggio americano sarebbe un colpo molto duro. Nessuno dei due si può permettere una rottura. Però le operazioni militari di Netanyahu, assolutamente discutibili, non fanno comodo a Biden».

Esiste una via d’uscita? L’Europa può fare qualcosa?

«La crisi va avanti da tre quarti di secolo. L’Europa e anche l’Italia hanno usato tutte le loro possibili capacità di intervento. Però si sono sempre scontrate con alcune realtà. E cioè l’intenzione di Israele di rosicchiare quel po’ di sovranità, anche solo formale, che rimaneva ai palestinesi. Lei guardi la Cisgiordania, dove i coloni israeliani continuano a realizzare insediamenti nel territorio palestinese. E poi l’offensiva militare a Gaza. Francamente vedo pochi margini di manovra per noi».

Come potrebbe Israle contrastare il terrorismo senza annientare Hamas?

«Il problema non è solo Hamas. C’è Hezbollah, ci sono i vari movimenti radicali islamici. Israele in questo momento sta usando solo lo strumento militare come in Siria e Libano. Una scelta che porterà Israele ad avere un’ostilità crescente. Invece dovrebbe venire a patti con i Paesi arabi, sospendere la politica della colonizzazione, lasciare i territori occupati. Non lo dico io. Lo chiede l’Onu».

Nel mondo sta crescendo l’antisemitismo?

«Non credo. In qualche frangia di fanatici. Nell’opinione pubblica non mi sembra». Spostiamoci in Russia. Secondo lei è reale la minaccia di Putin di usare il nucleare? «La Russia non ha nessun interesse ad usare il nucleare. Esistono le armi nucleari tattiche e quelle strategiche. In Europa la Russia potrebbe usare solo le armi nucleari tattiche. Negli Stati Uniti dovrebbe usare quelle strategiche. Ma se la Russia colpisce l’Europa con le armi tattiche, l’Europa è in grado di colpire la Russia con le armi nucleari strategiche. Sarebbe l’Armageddon. La Russia lo sa». E allora perché Putin minaccia? «Beh, nel momento in cui la Francia minaccia di mandare soldati a Kiev, nel momento in cui Washington dice dice che se l’Ucraina perde allora interviene la Nato, lei capisce che Putin si sente in dovere di rispondere alle minacce con la minaccia».

Come ha giudicato l’appello del Papa?

«Il Papa di mestiere fa il Papa, non può benedire gli eserciti. Il Papa ha ricordato che governare vuol dire fare gli interessi del proprio popolo. E se ci si rende conto che la guerra non ha sbocco e impone prezzi atroci al popolo, allora bisogna cercare di trattare. Che non è sventolare bandiera bianca. Il Papa ha usato un’espressione troppo forte. Si tratta semplicemente di riconoscere il nemico e avviare un negoziato con lui».

Quale può essere la soluzione? «Qualcuno avrà un po’ di più, qualcuno un po’ meno. In guerra non c’è il pareggio».

Esiste la possibilità di un armistizio?

«Si deciderà sul campo. E quindi potrebbe sfuggire di mano».

Le sanzioni servono a qualcosa?

«Tra gli effetti collaterali hanno quello di compattare l’opinione pubblica del paese sanzionato. Successe così anche a noi, negli anni ’30. E il regime si rafforzò».

Ma sul piano economico colpiscono?

«Non mi pare. Vedo che il Pil russo vola.Sono stati sbagliati i calcoli». Se Trump vince cambia tutto? «Tutto no. Ma in Ucraina sì. Trump non ha mai nascosto che in Ucraina lui tratterebbe subito la pace. E se la pace la vogliono gli Stati Uniti, i rapporti di forza cambiano parecchio».

E in Medio oriente? «Trump è stato sempre molto esplicito nell’appoggio a Israele».

Si aspettava questa esplosione bellica che ci sta travolgendo? «Sì. Io credo che già con Obama si fossero creati i presupposti per mettere la Russia con le spalle al muro. Lo si è fatto rivoluzionando il Nord Africa e poi la Siria. Se non fosse stato eletto Trump nel 2016, questa esplosione bellica l’avremmo vista quattro anni prima». Quindi lei dice che la spinta alla guerra viene dai democratici americani? «Secondo me sì».

Se vincono i Repubblicani cambia il clima?

«Penso di sì, perché dovrebbero dare un segnale di discontinuità. Mettere un freno alla crescente tensione bellica internazionale». Commenti Attendi I commenti saranno accettati: dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00 sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.

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