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Pubblicato il 05/03/2015

IL GOVERNO DI TOBRUK ACCUSA L’INGHILTERRA DI TERRORISMO MENTRE ISIS GUADAGNA TERRENO IN LIBIA

L’ambasciatore presso l’Onu di Tobruk accusa: la Gran Bretagna fa il gioco dei “terroristi”

Nel mezzo del suo intervento l’ambasciatore libico all’Onu, ovvero di ciò che resta della Libia, ha affermato: «In questo Consiglio siede un paese che vuole impedire al governo legittimo di riconquistare la nostra capitale. Così appoggia i ribelli di Tripoli, che sono alleati dei terroristi». Poco dopo, uscendo dall’aula, ha fatto apertamente il nome: «Mi riferivo alla Gran Bretagna, che ha fatto una dichiarazione esplicita in questo senso ai media. Ora ci riserviamo il diritto di interrompere le relazioni con i paesi che non vogliono ristabilire la legalità».

La accusa è stata lanciata in Consiglio di Sicurezza dall’ambasciatore Ibrahim Dabbashi, nel giorno in cui i militanti dell’Isis hanno preso i pozzi petroliferi di Bahi e Mabruk.

Ieri mattina il massimo organismo del Palazzo di Vetro si è riunito per fare il punto sulla situazione, e ascoltare in diretta dalla sede Fao di Roma Bernardino Leon, l’inviato del segretario generale Ban Ki moon che sta cercando di convincere le fazioni in guerra a formare un governo di unità nazionale, per contrastare poi l’Isis con l’aiuto dell’Onu.

L’inviato dell’Onu interveuto ieri dal palazzo delal FAO ha dichiarato: «In Libia c’è la percezione di un pericolo reale ed imminente che gruppi estremistici come l’Isis pongono per la sicurezza e la stabilità del paese. La situazione generale sul terreno si sta deteriorando rapidamente. La Libia non può più permettersi che la crisi politica e il conflitto armato proseguano. Se i suoi leader non agiscono velocemente e in maniera decisa, i rischi per l’unità nazionale e l’integrità territoriale sono reali ed imminenti».

L’avanzata dei terroristi
I terroristi dell’Isis sono ormai a sud di Sirte, per conquistare i campi petroliferi abbandonati di Bahi e Mabruk, e assediare quello di Dhahra. Per risolvere la crisi, Leon ha convocato oggi un vertice in Marocco, dove spera finalmente di convincere il governo laico esiliato a Tobruk, e la formazione islamica Libya Dawn che controlla Tripoli, a creare un esecutivo di unità nazionale che stabilizzi il paese e inviti la comunità internazionale ad aiutarlo per estirpare il Califfato che avanza. Il traffico di armi e petrolio è fuori controllo, e servirebbe una forza marittima internazionale per bloccarlo.
L’embargo alle armi
La dichiarazione libica in Consiglio, dimostra quanto sia difficile questo compito. L’ambasciatore Dabbashi rappresenta Tobruk, e chiede di togliere l’embargo alla vendita di armi al suo governo, in particolare quelle destinate all’aviazione, per poter «combattere i terroristi». Questo termine secondo lui accomuna Libya Dawn all’Isis, e serve a giustificare un’offensiva guidata dal generale Haftar per riprendere tutto il paese. Dalla sua parte ci sono almeno Russia, Egitto, Giordania, e in parte la Francia, ma la Gran Bretagna e gli Stati Uniti sono percepiti come più vicini ai ribelli di Tripoli. Così si capisce perché il Consiglio di Sicurezza ieri abbia faticato persino a produrre una dichiarazione presidenziale che prendesse posizione sulla crisi, se non a decidere l’allentamento dell’embargo. In questo modo però la guerra continua, l’instabilità aumenta, e le bandiere nere dell’Isis avanzano.

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