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Pubblicato il 01/03/2018

IL SILENZIO DEL MARE – PARMA- TEATRO DUE – DI RAFFAELE ESPOSITO

Raffaele Esposito, il Regista ed attore di caratura nazionale che aveva incaricato il team Folgore di “addestrare” il cast de “LA PRIGIONE” , ritorna a Parma con un lavoro che riscuote il plauso della critica. Proveniente dalla scuola di Luca Ronconi, opera stabilmente al Piccolo di Milano, dove per due anni sarà impegnato con un altro lavoro che lo porterà in tournee anche fuori dall’Italia.

AVVENIRE
1 Marzo 2018
Teatro.

L’inganno del male in divisa da nazista

ROBERTO MUSSAPI

PARMA

Una stanza con un solo divanetto scassato, una sedia, pile di libri per terra. Un uomo grosso, alla Depardieu, barba e capelli incolti e grigi, sguardo perso, li sposta continuamente, lentamente, con un progetto apparentemente senza senso. Una giovane dallo sguardo timido e malinconico, agisce con lui, sposta i libri che lui sfoglia. Uno scatolone in cui vengono posti. Stanno scorrendo i minuti dall’inizio in un silenzio di voci, non c’è parola, il silenzio è pieno, dinamico, tranquillamente nervoso. Come in un sogno confuso e opaco. L’azione è ritmata dalla gomma delle suole delle scarpe: non quella delle calzature da sport o palestra, silenziosa e felpata, no quella da Clarks rigide o simili, che fa rumore. Rumori di gomma. Che creano un sonoro all’azione. Così per 16 minuti inizia e scorre, senza cali di tensione, Il silenzio del mare, di Vercors, a cura di Raffaele Esposito che ne è anche interprete (eccellente, come sempre) accanto a Roxana Doran e Thierry Toscan. Lo spettacolo, durata un’ora, prodotto e messo in scena dal TeatroDue di Parma, un teatro pensante, proponente, creante, replica fino all’11 marzo e merita di essere visto.

I due nella casa non parlano e non parleranno, a un certo punto entra un personaggio che parlerà, e molto: un militare tedesco giovane, di stanza in quel luogo nella Francia occupata dai nazisti. Inscena monologhi di amore per la Francia, i suoi poeti, la sua cultura. Rappresenta, nel romanzo da cui è tratta la pièce, la diabolica crudeltà mascherata dei tedeschi che occuparono il paese, e la confusione di molti francesi che non diffidarono immediatamente della presenza nazista. Il libro, pubblicato clandestino nel 1942 dalle nascenti Editions de Minuit, divenne subito simbolo della Resistenza – lo stesso generale De Gaulle ne fece pubblicare e paracadutare copie durante la guerra – e rappresenta il tentennamento dell’uomo di fronte alla doppiezza e ai mascheramenti del male. Un’opera importante ma inscindibile dal contesto storico, non paragonabile al ciclo eroico epico e metafisico della resistenza di Beppe Fenoglio. L’autore, Vercors, pseudonimo di Jean Marcel Adolphe Bruller, parigino di origine ungherese, attinge a esperienze personali, servizio militare e incontri con tedeschi nel paese occupato. In scena parla il tedesco, bello, giovane, colto, che a poco a poco vediamo in preda della crudele realtà di cui è al servizio. I due, il lento e stralunato abitante e la sua giovane nipote, non parlano, per lei solo qualche breve sussurro.

Atto unico tesissimo, sospeso, tra parola piena, scintillante, e cupo silenzio. Con il suo volto luminoso e la sua voce gioiosa e melodiante, Esposito crea un personaggio indimenticabile, un tedesco che innocentemente, all’inizio, ma dannatamente, nel profondo, segue la cieca infernale opera dei diabolici nazisti. E fa risuonare la sua colta e faconda retorica nel desolante, brutale silenzio della stanza che viene svuotata dei suoi libri, del suo spirito, della sua anima.

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