Pubblicato il 17/02/2015
MIGLIAIA DI MILITARI ITALIANI CHIEDONO IL RICONOSCIMENTO DI COMBATTENTI DOPO LE MISSIONI ALL’ESTERO
I giudici della Consulta sono stati chiamati ad esprimersi sulla rivendicazione che coinvolge migliaia di militari che negli anni scorsi hanno prestato servizio all’estero nelle zone di intervento.
Questi hanno hanno presentato ricorso al Tar per ottenere una rivalutazione di quei periodi di servizio: per soli tre mesi di missione dovrebbero poter maturare un anno aggiuntivo ai fini pensionistici e della buonuscita. chiedondo quindi l’applicazione della normativa sui benefici combattentistici.
Fondano i loro ricorsi sulla legge 11 dicembre 1962 numero 1746 che prevede l’estensione dei benefici combattentistici ai militari impegnati nelle missioni Onu.
Il loro servizio prestato nelle zone d’intervento, sulla base della reinterpretazione di tale norma, è da ritenersi equiparato agli effetti pensionistici al servizio di guerra.
«Nell’ultimo decennio abbiamo contato circa 350 decessi durante le missioni all’estero – argomenta l’avvocato Bitti, che cura gli interessi di alcuni dei militari – e circa il doppio di questi militari non è rientrato in servizio a seguito delle lesioni traumatiche riportate nei teatri di guerra, dal Libano al Kosovo, dalla Bosnia fino all’Iraq e all’Afghanistan, questo è il quadro delle missioni; abbiamo quindi chiesto per questi militari, ufficiali, sottufficiali, graduati e militari che hanno agito in giudizio in sede di giurisdizione esclusiva il riconoscimento dei benefici combattentistici e la conseguente supervalutazione ai fini pensionistici del periodo di svolgimento di servizio per missioni per conto dell’Onu (ed equiparate) e la rideterminazione del trattamento di buonuscita, variazioni di stipendio e l’applicazione di tutti i benefici combattentistici».
E’ stata una sentenza della Corte dei conti che ha riconosciuto il diritto di supervalutazione dei periodi di servizio svolti in missioni estere, anche oltre il limite dei cinque anni stabilito dal decreto legislativo 165/1997. Diritti che sono stati riconosciuti a militari in pensione e che si sono tradotti in emolumenti.
Da qui è partita la montagna di ricorsi, visto che il Ministero della difesa si è espresso negando il riconoscimento di questo diritto e arginando le azioni di rivalsa.
«Per alcuni militati che hanno sommato una decina di missioni – osserva l’avvocato Bitti – questo significa la possibilità di andare in quiescenza anche subito».