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Pubblicato il 14/07/2021

RASSEGNA STAMPA: ITALIA OGGI-I PILOTI MILITARI ITALIANI NEGLI EMIRATI NON DEVONO PAGARE LE IMPOSTE IN ITALIA

foto sopra: ammainabandiera nella base italiana degli Emirati , sgomberata in Luglio dopo la crisi diplomatica con il governo emiratino

ITALIAOGGI sezione: IMPOSTE E TASSE data: 14/07/2021 – pag: 32

Imposte non dovute per i compensi dei piloti militari italiani a Dubai

Le remunerazioni corrisposte dal Quartier generale delle Forze armate degli Emirati Arabi ai nostri militari dell’Aeronautica Militare Italiana, in dipendenza di un accordo internazionale tra le due forze aeree, non sono soggette ad imposizione in Italia, nonostante la residenza nel nostro paese dei due piloti durante il servizio prestato nell’altro stato. Lo affermano le ordinanze 18237/2021 e 18238/2021 della Corte di cassazione nel respingere i ricorsi presentati dall’Agenzia delle entrate avverso le sentenze n. 114/1/17 della Ctr Friuli Venezia Giulia e n. 1340/11/18 della Ctr Lazio, che a loro volta avevano rigettato l’appello dell’ufficio contro la decisione dei giudici di primo grado. La questione verteva sul silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso presentate dai due militari, che avevano richiesto la restituzione di quanto versato a titolo di Irpef sul rimborso corrisposto loro dal Ministero della difesa degli Emirati Arabi Uniti tra il 2010 e il 2012, per l’attività di Pilota Istruttore ivi esercitata. Essi avevano sostenuto nei ricorsi da loro presentati la violazione dell’art. 19, comma 1, lettera a), della Convenzione Italia-Emirati Arabi Uniti contro le doppie imposizioni. I giudici del territorio avevano deciso per la fondatezza degli argomenti esposti, avendo osservato che la potestà impositiva fosse esclusiva dello stato estero e non già una potestà concorrente e che la norma pattizia prevaleva sulle corrispondenti norme nazionali. L’Amministrazione Finanziaria, nei suoi ricorsi aveva eccepito in particolare che i contribuenti erano in pratica da ritenersi inclusi nella categoria del “distacco di personale”, non avendo inoltre esercitato alcuna funzione pubblica in favore del Governo degli Emirati Arabi. Da ciò, dato il contrasto con la previsione dell’art. 51, comma 8, del Tuir, la norma convenzionale si sarebbe posta in conflitto con una norma di rango costituzionale, e cioè l’art. 53 della Costituzione, poiché gli Emirati Arabi non hanno mai applicato alcuna forma di “personal income tax”. La Suprema corte invece, rifacendosi al precedente arresto giurisprudenziale (sentenza Cassazione n. 1210/2021), riguardante il caso di un noto fantino per i compensi percepiti dal Governo locale e relativi a “consulenza e promozione nell’ambito della disciplina sportiva di resistenza equestre”, sottolinea la peculiarità del disposto dell’art. 23 della Convenzione, per il quale si subordina l’inclusione di un reddito estero nella base imponibile da dichiarare in Italia, alla condizione che “espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente”. Come infatti è sancito al citato art. 19, comma 1, lettera a), della Convenzione, nella parte in cui stabilisce che i servizi resi a uno stato contraente “sono imponibili soltanto in questo stato”. I giudici di legittimità non sono neppure d’accordo sulla paventata eccezione di contrasto con la norma costituzionale, in quanto quest’ultima (l’art. 53 della Costituzione) è “una disposizione priva di contenuto dispositivo puntuale che riserva al legislatore la discrezionalità nella istituzione di tributi e nella individuazione dei tratti applicativi degli stessi”. Emilio de Santis Il testo delle ordinanze su www.italiaoggi.it/documenti-italiaoggi

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