CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 10/02/2017

RASSEGNA STAMPA: SERGIO ROMANO ( EX AMBASCIATORE) SI OCCUPA DI ESERCITO EUROPEO . MODELLO SVIZZERO?

CORRIERE DELLA SERA
sezione: Idee e opinioni data: 10/02/2017 – pag: 26

serve un esercito europeo sul modello della svizzera

di Sergio Romano
Nel corso di una discussione sulla nascita dell’Esercito europeo dopo la pubblicazione di un libro edito da Guido Roberto Vitale (Difendere l’Europa), alcuni osservatori della politica internazionale hanno ricordato che l’iniziativa non andò in porto negli anni Cinquanta, quando l’Europa aveva un nemico che si chiamava Unione Sovietica. Questi osservatori si riferivano alla Comunità Europea di Difesa, proposta dalla Francia ai suoi partner europei (Belgio, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi), e affossata da un voto del Parlamento francese nell’agosto 1954. Non vi riuscimmo allora, quando la Guerra fredda giustificava molte paure.

Perché dovremmo riuscirci in un momento in cui nemmeno i maggiori critici della politica di Putin credono veramente all’ipotesi di un conflitto?

Le grandi unioni militari si fanno per affrontare un nemico. Dove è oggi il nemico? Chi è favorevole all’Esercito europeo potrebbe rispondere con almeno due argomenti. In primo luogo la pace ha sempre, da che mondo è mondo, molti nemici. Una Unione di Stati, in parte già legati da forti vincoli istituzionali, non può voltare le spalle al problema della propria sicurezza. Nel 1954, quando dovemmo rinunciare alla nostra integrazione militare, esisteva da cinque anni la Nato e gli Stati Uniti difendevano i loro alleati con una forte presenza militare sul continente europeo.

Ci dedicammo alla creazione di una Europa economica e sociale lasciando agli americani il compito di proteggere se stessi e i loro alleati. Ma dalla fine della Guerra fredda la Nato e le basi americane in Europa sono servite principalmente per alcune discutibili operazioni militari (nei Balcani, in Afghanistan e nel Medio Oriente) che non hanno giovato alla stabilità delle regioni in cui si è combattuto. Per lealtà o convenienza abbiamo fatto, sia pure spesso indirettamente, guerre che non rispondevano ai nostri interessi. In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno oggi un nuovo presidente. Il suo programma è una crestomazia di battute, minacce e annunci che non escludono correzioni, attenuazioni e ambigui ripensamenti (come la sua recente conversazione telefonica con il segretario generale della Nato e la sua promessa partecipazione al vertice atlantico di maggio).

Ma abbiamo buoni motivi per pensare che Trump non abbia alcuna simpatia per gli strumenti costruiti dalle democrazie occidentali dopo la fine della Seconda guerra mondiale e che sia incline a tenerli in scarsa considerazione. Dovrà fare i conti con una forte opposizione interna costituita dai Democratici, da una larga parte della società civile e da quelle élite, nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa, che non intendono rinunciare alla Nato. Ma è lecito prevedere che gli Stati Uniti faranno fatica nei prossimi anni a esprimere in queste materie una linea ponderata e coerente. Che cosa dovrebbe fare l’Europa in queste circostanze? Dovremmo aspettare la fine del mandato di Donald Trump o fare del nostro meglio per colmare il vuoto aperto dal suo capriccioso nazionalismo? Se non lo faremo avremo dato ragione ai suoi sprezzanti commenti contro l’Europa. Il tema della difesa, quindi, non può essere ignorato. Naturalmente un Esercito europeo non può essere soltanto una semplice aggregazione di risorse umane e tecniche. Dovrà avere una dottrina che non escluda la possibilità di conflitti e che si prepari ad affrontarli. Esistono modelli a cui potremmo ispirarci? Può sembrare ironico e paradossale, ma questo modello potrebbe essere quello della Svizzera: una confederazione di patrie che non ha ambizioni territoriali e che ha sempre saputo scoraggiare quelle dei suoi più potenti vicini. Una Grande Svizzera, armata e politicamente impegnata nelle vicende internazionali, ma ideologicamente neutrale potrebbe essere la migliore risposta europea al grande disordine in cui dovremo vivere nei prossimi anni.

Leggi anche