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Pubblicato il 08/01/2016

RASSEGNA STAMPA SUL GENERALE GIANFRANCO CHITI CHE DIVENTERA’ BEATO

La Stampa (Ed. Novara)
sezione: Verbania data: 08/01/2016 – pag: 47

Gianfranco Chiti
Avviato il processo di beatificazione del generale di Gignese diventato frate

Era un “repubblichino” ma salvò centinaia di persone

A Gignese nacque e trascorse i primi anni dell’infanzia. Per il resto fu un continuo spostarsi in tanti luoghi, in epoca di guerra e poi di pace, così come prevedeva la sua vita di militare, per poi spendere la fine della «seconda esistenza» in convento a Orvieto.

Lì arrivò all’inizio degli Anni 80, quando – da ufficiale dei granatieri – indossò il saio francescano. «Ho solo cambiato divisa, da soldato della patria a quello di Gesù» ripeteva padre Gianfranco Maria Chiti da Gignese, che volle completare il suo nome da frate con quello del luogo dove nacque. «La madre, con famiglia originaria di Pesaro, vi arrivò per partorire assistita dalle sorelle; era il maggio del 1921 e una di loro abitava a Stresa, l’altra a Vezzo: il marito gestiva l’hotel Panorama – racconta lo storico Vittorio Grassi -. Il padre di Chiti, violinista, era spesso in tournée. Presero in affitto una casa vicino la chiesa. Che Gignese gli fosse sempre rimasta nel cuore è testimoniato da allievi militari, tre granatieri, che prenderanno parte alla serata che la parrocchia organizza venerdì 15 all’oratorio Don Bosco».

Incontro che, insieme a Grassi, sta preparando anche don Albert Tafou; all’appuntamento parteciperà inoltre una cugina di padre Chiti. Il frate morì nel 2004, a 83 anni, all’ospedale militare del Celio, dopo un incidente in auto.
L’impresa di Russia
La sua vita vale un film. «Un uomo alto 1 metro e 98, dal fortissimo carisma» ricorda Grassi. Fu insignito della medaglia di bronzo al valore militare per l’impresa compiuta sul fronte russo nel dicembre 1942. Intanto l’8 maggio il vescovo di Orvieto ha aperto nel duomo della città umbra il processo di beatificazione. Il nome di Chiti risulta nel «Libro dei Giusti» della sinagoga di Torino. Dopo aver combattuto nelle campagne di Jugoslavia, Grecia e Russia, si arruolò nella Repubblica di Salò, convinto di operare per il bene dell’Italia, ma la sua condotta non fu quella del «repubblichino».

Grazie al suo grado nella Rsi, impedì rastrellamenti e nella zona di Alba e nel Torinese salvò centinaia di persone, tra loro molti partigiani, inventandosi un corso per arruolarli nella sua compagnia di granatieri. Nel 1945 fu rinchiuso nel campo di concentramento degli Alleati a Coltano (Pisa): venne poi assolto dalla commissione di epurazione che lo giudicò.

Riprese la carriera militare con una missione dell’Onu in Somalia e poi al comando della scuola per allievi sottufficiali di Viterbo, per essere congedato con i gradi di generale di brigata il 6 maggio 1978: il 30 dello stesso mese era già novizio tra i cappuccini di Rieti. Ordinato sacerdote, con i bianchi alamari sotto il saio, piazzò una tenda tra i ruderi del convento. Con l’aiuto dei suoi granatieri, il «servo di Dio» Gianfranco Maria da Gignese ne fece un luogo di accoglienza.
Chiti.frate.pg

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