OPINIONI

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Pubblicato il 16/01/2012

LA INDUSTRIA DELLE CROCIERE CHE SPECULA SULLA VITA DEI PASSEGGERI ( E DEGLI EQUIPAGGI)


LA INDUSTRIA DELLE CROCIERE CHE SPECULA SULLA VITA DEI PASSEGGERI ( E DEGLI EQUIPAGGI)

LIVORNO- Iniziamo con qualche domanda, visto che la cronaca è ormai tristemente nota.

Come soccorrere quattromila persone che si trovano in mare su una nave che affonda? Quanti elicotteri, navi, ambulanze, battelli, salvagenti, operatori, sono necessari? In quanto tempo possono intervenire? Si potranno salvare tutti? E’ giusto creare delle bare gallegianti, ultra-inquinanti (ogni nave crea ogni ora l’equivalente di gas di 11mila auovetture, più i rifiuti di bordo,e imbarca circa 100 camion di combustibile ndr). Ecco, in sintesi il nocciolo dei quesiti che Autorità ministeriali e compagnie assicurative si stanno ponendo in questi giorni. Agghiacciante il cinismo di un perito assicurativo: in presenza di questi enormi condomini superaffollati, con equipaggi multilingue di paesi in via di sviluppo, che nemmeno parlano inglese, si accetta l’idea di un otto per cento di perdite. Ovvero: nel caso della Costa affondata , in presenza di meno di trecento morti, la compagnia avrebbe considerato il naufragio entro i limiti previsti dalle casistiche. Ciò che è accaduto ieri, quindi, con “soli” 5 morti, è addirittura valutato “positivamente”, salvo l’enorme danno alla sfortunata nave, varata senza rottura della bottiglia e reduce da un altro cozzo contro una banchina in sicilia.

Mille persone di equipaggio e tremila passeggeri concentrati in tre campi da calcio. Chi controlla e frena la speculazione dei costruttori e degli armatori? Il rischio vale la “vacanza” a prezzi impossibili, imbattibili, ultrapopolari?

C’e chi parla di occupazione, industria, prestigio nazionale: balle. Gli armatori italiani acquistano le navi in cantieri cinesi o coreani, assumono equipaggi extracomunitari con stipendi ridicoli.
A breve ci saranno pure comandanti stranieri su navi italiane. Altro che occupazione, altro che industria nazionale.
La Costa Concordia imbarcava non più di 80 italiani nei ranghi di comando e controllo, tecnico, meccanico, strutturale e impiantistico.

Chiudo parlando del Comandante che abbandona la nave: segno dei tempi e dell’approccio che le società di navigazione hanno nella selezione del personale.Non entro nel merito, perchè si tratta di un collega e attendo di saperne di più tramite la nostra associazione.

Ricordo gli articoli del Codice della Navigazione:

Art. 1097 – Abbandono di nave o di aeromobile in pericolo da parte del comandante

Il comandante, che, in caso di abbandono della nave, del galleggiante o dell’aeromobile in pericolo, non scende per ultimo da bordo, è punito con la reclusione fino a due anni.

Se dal fatto deriva l’incendio, il naufragio o la sommersione della nave o del galleggiante, ovvero l’incendio, la caduta o la perdita dell’aeromobile, la pena è da due ad otto anni. Se la nave o l’aeromobile è adibito a trasporto di persone, la pena è da tre a dodici anni.

Art. 1098 – Abbandono di nave o di aeromobile in pericolo da parte di componente dell’equipaggio

Il componente dell’equipaggio, che senza il consenso del comandante abbandona la nave o il galleggiante in pericolo, è punito con la reclusione fino a un anno.

Alla stessa pena soggiace il componente dell’equipaggio dell’aeromobile, che senza il consenso del comandante si lancia col paracadute o altrimenti abbandona l’aeromobile in pericolo.

Se dal fatto deriva l’incendio, il naufragio o la sommersione della nave o del galleggiante ovvero l’incendio, la caduta o la perdita dell’aeromobile, la pena è da due ad otto anni. Se la nave o l’aeromobile è adibito a trasporto di persone, la pena è da tre a dodici anni.

Davide Rubbiani
Ufficiale comandante mercantile

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