OPINIONI

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Pubblicato il 16/02/2012

AUTOMOBILE: IL GRANDE INGANNO

5000 morti l’anno, prezzi della benzina ormai alle stelle…

Eppure il vero mito italiano è sempre lei: la macchina Che ci ha dettato persino i suoi modelli sociali. Parla lo storico Castronovo

Poco meno di 5000 persone ogni anno muoiono sulle strade italiane. L’equivalente della strage delle Torri gemelle di New York. In più, però, ci sono da contare circa 300 mila feriti, dei quali 20.000 sono i disabili gravi. Da decine di anni, ormai, le statistiche presentano sempre lo stesso conto. Un tributo che non è da Paese civile. Tanto più che riguarda soprattutto giovani e famiglie. C’è da chiedersi come mai, nonostante vari e anche nobili tentativi, niente abbia risolto questo problema alla radice. Ci sono i limiti di velocità ma non vengono rispettati e si vendono automobili in grado di fare anche più del doppio. La pubblicità continua a promuovere l’auto non come mezzo di trasporto ma come simbolo di successo. Le nostre città sono evolute a misura di automobile privata, sono sempre più impraticabili per i pedoni, hanno servizi di trasporto pubblico inefficienti e sono assediate dal traffico e dallo smog. La benzina è sempre più cara, la dipendenza dal petrolio incide gravemente sulle nostre tasche, ma si costruiscono automobili sempre più grosse e i motori continuano ad avere consumi per chilometro analoghi a quelli di 50 anni fa. Tutto questo perché? Quali sono le responsabilità storiche, sociologiche, artistiche, pubblicitarie? Perché le case automobilistiche, anche se in forte crisi, insistono sulle stesse dinamiche produttive e commerciali?

L’innovazione non sarebbe più conveniente? Non sarebbe più economico per lo Stato ridurre al minimo i morti e i feriti sulle strade? Perché chi uccide sulla strada con dolo non è considerato alla stregua degli altri assassini? Cosa si sta facendo per cambiare?

Quali sono le innovazioni che potrebbero modificare e salvarci la vita? (R.I. Zan)

di
Roberto I. Zanini

E se l’automobile fosse solo un grande inganno?

Promette velocità e risparmio di tempo, ma produce ingorghi che ci fanno perdere migliaia di ore di vita. Promette libertà e sollecita il nostro individualismo, ma ci obbliga a vivere a sua misura massificando ogni nostra scelta. Un inganno ormai svelato, ma che continua a sedurre. «La verità – sostiene Franco La Cecla, antropologo e scrittore – è che nelle città l’automobile ha allungato i tempi di percorrenza rispetto alla bicicletta, col risultato che viviamo in un paradossale intasamento da eccesso di velocità». Da ormai un secolo il mito della velocità si identifica con l’automobile. «L’auto – sottolinea il sociologo dell’Università di Bari Franco Cassano – è come il cavallo nel Far West. E in America tutto questo si è sovrapposto al mito dell’on the road ». Il mito futurista della velocità, il mito della conquista del West, il mito della vita in perenne movimento. Tre miti racchiusi in un solo oggetto. Da qui, sostengono sia La Cecla che Cassano, nasce anche la grande attrattiva che l’automobile esercita sulle società orientali in prepotente crescita economica. «Sono tornato da Bombay qualche tempo fa e sono rimasto colpito di come sia cambiata in dieci anni a causa delle automobili. Il traffico ha reso impercorribili le strade e l’aria irrespirabile», racconta La Cecla. «Il modello consumista costruito in Occidente intorno all’automobile è così seduttivo che ti accorgi della sua falsità solo quando ci sei dentro ed è ormai difficile metterlo in discussione.

Così non appena un povero entra nel circuito del benessere acquista un’automobile, che del benessere è il simbolo principale», annota Cassano, che punta il dito sulla pubblicità. «Quella delle automobili ci fa vedere strade deserte, l’esatto contrario della verità; esalta la velocità che oltre a essere un valore relativo, a causa del traffico, è anche un valore negativo, come si vede dalle migliaia di morti sulle strade. E c’è il paradosso degli scenari naturali, accattivanti e salubri sui quali la pubblicità fa correre le automobili: più se ne vendono, più quegli scenari sono destinati a diventare un falso». Nei fatti, sostiene La Cecla, «l’automobile è il trionfo dell’individuo contro la società. Ogni automobile rappresenta un individuo, ne è la sua affermazione verso l’esterno, tanto da diventare l’emblema della solitudine. Anche a causa delle automobili la città si è trasformata in un luogo di solitudini, distruggendo gran parte della vita di strada che c’era una volta. Per colpa dell’automobile le città si sono allargate a dismisura. Si lavora in un posto e si dorme a decine di km di distanza in quartieri senza vita sociale, appositamente costruiti. E questo aumenta inquinamento e traffico». Poi, stando a Cassano, non è vero che tutto questo dipenda dalla scarsa efficienza dei mezzi pubblici, «semmai è il contrario: la massificazione del modello automobile è stata realizzata a scapito del trasporto pubblico e ora le troppe macchine impediscono l’efficienza dei servizi di trasporto cittadino». Come si cambia? «Io – afferma La Cecla – sono convinto che saremo costretti a cambiare. La crisi economica e le città invivibili renderanno a tutti evidente che, per esempio, la circolazione cittadina dei cosiddetti Suv, che occupano lo spazio di 18 persone e consumano un’enormità, è una prepotenza immorale». La parola magica, secondo Cassano, è «educare le persone.

Perché il modello della concorrenza e della competizione gli uni contro gli altri scricchiola; è contro il bene comune e condiziona gran parte delle nostre scelte. È drammatico dirlo, ma alla fine sono vittime della strada non solo i morti, ma anche coloro che con le loro macchine li hanno uccisi: vittime dello stesso modello»

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